Direttamente o per vie
traverse non faccio che imbattermi in donne con la vita appesa a un
filo: hanno lasciato un uomo sbagliato e quello le tampina, le
insulta, le minaccia via social o al telefono. La costante di quasi
tutte è che non denunciano: i figli, il contesto, l'ufficio, il
paese, il passato, le complicazioni. Tutti sanno ma loro si chiudono
nella loro paura e non decidono. Sperano l'insperabile, perché
quando uno arriva a minacciati di morte è già oltre il limite, è
irreversibile e non gli va data corda. C'è anche, questo bisogna
dirlo, una sfiducia diffusa verso le forze dell'ordine e la
magistratura, ma come possono le forze dell'ordine intervenire se la
vittima è reticente? Queste donne devono accettare che la loro vita
è in grave pericolo, prendere tempo ovvero perderlo non servirà, se
non a far precipitare la tensione in tragedia. Succede ogni giorno,
dappertutto, ad ogni età e per buona parte succede dopo una
esitazione di troppo, un ultimo incontro di troppo, un'ultima
possibilità di troppo. Quando uno arriva a minacciare, lasciando
tracce della sua furia, è perché ha già messo in conto, ha già
deciso di andare fino in fondo e nessuna discussione, nessun
confronto potrà più servire. Occorre troncare qualsiasi rapporto e
farsi difendere, perché a quel punto sei braccata.
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