Sulla grottesca caccia ad
Ezechiele Lupo Solitario, il killer di Budrio e oltre, si misura il
fallimento di un sistema. L'ex Igor il russo, che non era russo e non
era militare ma era secondo Facebook (sic) un serbo sbandato, lo
conoscevano bene come rapinatore violentissimo e alienato. Lo
arrestano una prima volta, esce, lo arrestano di nuovo, esce ancora,
lo mandano a un centro per immigrati di Bari con tanto di decreto di
espulsione che serve a niente visto che al centro neppure sanno chi
è, Russia e Uzbekistan non lo riconoscono e allora, che ci vuoi
fare?, lo rilasciano libero, lui si rimette a delinquere e comincia
ad ammazzare di brutto. Insomma possiamo stare tranquilli, pensando a
quanti come lui si agitano dalle Alpi al Lilibeo. Durante la
detenzione, Ezechiele Lupo conosce un cappellano, che si chiama don
Antonio e vuole a tutti i costi credere alla sua redenzione, perché
è il suo mestiere. Gli elementi del resto non gli mancano, anzi sono
fondatissimi: “Cantava nel coro, mi sembrava sulla buona strada,
non volevo pensare a lui come a un omicida, nutrivo speranze sul suo
conto”. Dal che sorge il dubbio se sia più malsano di mente
Ezechiele, don Antonio (e tutti i suoi colleghi, gente
pericolosissima a suo modo) o chi lo rispedisce fuori libero e bello
d'ammazzare. Un concerto di dissonanze cognitive, e adesso lo
braccano, ma non troppo.
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