Chi fa scempio a
Capodanno... Il primo di gennaio la Rai, sul canale 4, ha deciso di
inaugurare il 2017 dedicando una intera serata ai Rolling Stones, in
particolare al memorabile concerto cubano del 25 marzo dell'anno
scorso: una autentica impresa, per le implicazioni, i significati
geopolitici prima ancora che musicali, la complessità
dell'operazione, simile ad un autentico sbarco militare, rinviata una
prima volta per la visita di Obama, quindi mantenuta a dispetto della
visita immediatamente successiva di papa Francesco. Mai nell'isola si
era osata un operazione di tali dimensioni, e i cubani, che negli
anni Sessanta e Settanta venivano spediti in galera se sorpresi ad
ascoltare le canzoni degli Stones, attendevano il gruppo come
l'epifania definitiva, gli alfieri di una libertà finalmente
raggiunta e irreversibile.
Scelta incoraggiante,
pertanto, quella della Rai, perfino inattesa, perché da quelle parti
non sono molto abituati a maneggiare adeguatamente la musica rock
(ricordiamo ancora il modo atroce in cui fu trattata la scomparsa di
David Bowie, giusto un anno fa). Ma l'entusiasmo è durato poco:
anzitutto, la cronistoria dell'evento, scandita nei due film,
risultava clamorosamente ribaltata: il concerto cubano, infatti,
giunse, incerto e trionfale capolinea, al culmine di un intero tour
sudamericano che aveva toccato altre metropoli dell'America Latina -
ciò che viene illustrato nella prima pellicola, un documentario
molto bello che mostra 9 Paesi sconvolti dal passaggio dei Rolling
Stones, oltre a raccontare la marcia di avvicinamento, lunga,
tormentata, complicata, fino a l'Avana: e qui subentra il secondo
lungometraggio, integralmente sul concerto.
Che senso avesse mandare
in onda prima quest'ultimo, e solo in seconda battuta la
documentazione filmata del tour "propedeutico", lo sa, se
lo sa, solo la Rai. La quale evidentemente ignora, o trascura, che i
due film sono in realtà le due parti di un unico
lunghissimometraggio. Altro che rispettare l'unità di tempo, qui
siamo oltre il flashback, siamo all'anarchia esistenziale: una band
di rock and roll suona per la prima volta a Cuba, dopodiché, per
incantesimo, retrocede a un mese prima, e si vedono le trattative
iniziali, le complicazioni diplomatiche, si vede Mick Jagger che la
prende con filosofia: "Da quanto era che un presidente americano
non andava a Cuba? 80 anni? E doveva venire proprio adesso! Va beh,
tu trova i soldi e poi ci risentiamo...".
Ma non è tutto: il colmo
del surrealismo si aveva constatando che le voci dei Rolling Stones
erano state doppiate. Assurdo al limite del criminale: le voci dei
Rolling Stones non si possono doppiare, sono strumenti esse stesse,
e, con tutte le loro crepe, vortici, baratri, grinze e sfumature,
testimoniano di una storia irripetibile, 55 anni di rock
(sopra)vissuto all'estremo. Sono testimonianza, racconto, mito, e
fanno un tutt'uno con i volti. Sono iconiche: le hanno doppiate e,
non paghi, rivestite con certe voci da vecchietti del West o da
incalliti allenatori di pugilato che rasentavano il grottesco. E dire
che i film originali sono provvisti di egregi sottotitoli: non
dovevano fare niente, bastava trasmetterli com'erano. Invece li hanno
pure tradotti male: Mick diventa, quasi inesorabilmente, Mike (sì:
buongiorno, Mike...), la Faithfull, che di nome fa Marianne, viene
risolta in una autarchica "Marianna" che avrebbe deliziato
Achille Starace e la Regia Accademia d'Italia.
Dev'essersene vergognata
la stessa Rai, che di tanto in tanto in sovrimpressione avvertiva:
disponibile in lingua originale. Ma bisognava smanettare come
maledetti col telecomando e, se e quando ci arrivavi, sparivano i
sottotitoli. Un capolavoro, che ha scatenato una piccola sollevazione
su Facebook. Ma tu che fai? Doppi questi qua, che quando parlano sono
significato e significante, che dicono cose che solo con quel suono,
cavernoso o esile, possono avere il senso che hanno? Tu doppi Mick
Jagger, che da circa sessant'anni fornisce un timbro inconfondibile
al mondo?
Per completare il quadro,
le considerazioni più interessanti, perché non allineate, dei
quattro sono state bellamente segate, cioè sono scattate le forbici
della censura: come quando Keith Richards dice "Dove ha fallito
la politica sono riusciti gli Stones", oppure definisce Obama
"la nostra backing band"; mentre "[papa Francesco] ha
una bella faccia tosta, per quanto ne so non è lui il mio manager"
si annacqua in un gracchiante, quasi petulante "è una cosa un
po' sfacciata".
Così sì è perso
completamente il senso di un avvenimento, oltre all'ennesima
occasione per trattare la musica rock come merita. Culturalmente, la
Rai riesce regolarmente ad ammuffire qualsiasi evento, non va oltre
il bignami edulcorato, il paternalismo zelante, lo storyteller
caramelloso da format veltroniano.
Max, ho letto in tuo post che hai comprato i documentari in formato digitale: su che sito?
RispondiEliminavit
iTunes
Eliminagrazie
Elimina(ps: complimenti per il fumetto su Muhammad Ali!)