Adesso se ne accorgono,
che a far fare ai mocciosi tutto quello che vogliono poi si allevano
dei mostri. Adesso lo capiscono, che a non reagire ai loro soprusi di
menti bacate in costruzione, a dargliela vinta sempre,
ossessivamente, a casa come a scuola, ad abolire i voti, i criteri,
le valutazioni, a non chiedere loro niente, a farli passare tutti per
ottimi, per fuoriclasse, per genii anche se sono delle capre, si
fomenta la paranoia. Adesso lo ammettono, che negare un brutto voto non
è un atto di resistenza contro il capitalismo liberista o la negazione eversiva della società
liquida, dell'altro mondo possibile, delle pari opportunità ma una
stupida allucinazione di stampo noglobal, un sindacalismo isterico
che ha preso piede nelle scuole, nelle case, negli uffici,
dappertutto e i risultati sono la scure per i genitori rompiballe.
Adesso, si comincia a sospettare che fare di un Pietro Maso un eroe e
di una Erika "la tosa più brava e più bella che ho mai avuto",
come dice il repellente don Mazzi, si creano epigoni. Adesso tutti,
pedagoghi, psichiatri, commentatori da sabato pomeriggio, tutti
"prendono atto" che così non funziona. Tutti tranne
Barbara d'Urso, che ha il suo pubblico analfabeta di Bovary da
suburra da sfamare. Adesso tutti capiscono,
ma è il solito gioco mediatico del tutti colpevoli nessun colpevole,
per assolversi meglio. Più tardi, forse, si riuscirà anche a considerare che
neppure l'elogio delle canne ha senso, che lasciar rincoglionire un
adolescente di quella roba non è un gesto libertario e progressista
ma equivale a condannarlo al proprio destino, a prescindere dalle
fregnacce di Adinolfi o Giovanardi. Ne conosco anch'io, di tipi così:
buoni a nulla, fannulloni del tutto passivi, ma chi ci assicura che
la loro seminfermità mentale indotta un bel momento non li scateni?
Non reggono più le favole belle del pentimento istantaneo e del
disagio perenne, perché sono andate troppo oltre; se malati ci sono,
non vanno presi singolarmente in quanto sono ormai pandemia; se un
malato c'è, è la società stessa che rifiuta di accettare la
normalità di una malattia che lascia inscemenire i più giovani e
poi li chiama vittime, fragili, disagiati per non guardarsi in
faccia. Dovrebbero piantarla anche gli stessi genitori cialtroni, che
di fronte al figlio con le mani sporche di sangue non sanno dire
altro che "è un buono, è stato plagiato, è una vittima".
Plagiato uno che fa scempio di due adulti, dei genitori dell'amico
del cuore? C'è una totale negazione al senso di responsabilità, che
dai più giovani e feroci risale a chi li ha generati, a chi li
alleva, li istruisce, si fa per dire, li inquadra professionalmente,
fino alle istituzioni che tutelano farabutti e "furbetti".
C'è una allergia alla logica, per cui le parole feriscono (e le
mannaie no), i rifiuti uccidono (e i roghi umani no), i giudizi
scolastici annientano (e gli schizzi d'acido no). "Non può
essere mio figlio" si ripete e subito si aggiunge "ma
lasciatelo in pace, è mio figlio, andate altrove". In questa
dissonanza più alienata che cognitiva sta la tragedia di un momento
storico che cresce da trenta o quarant'anni.
C'è un ricorso
compulsivo al telefono azzurro verde giallo rosa anche quando è
assurdo, soprattutto quando è assurdo, col bel risultato di
vanificare anche i casi reali e urgenti. C'è un completo smerdarsi
che tutto e tutti assolve, spiega, scusa, contestualizza, impedisce
di chiamare mostro un mostro, lo edulcora in personaggio commerciale
e se uno osa pretendere severità, giudizio, condanna, diventa il
vero ed unico carnefice. Lo vediamo nello stesso modo di parlare,
nelle invenzioni lessicali dementi, ci sono soggetti che chiaramente
rubano, non facendo niente come chi sta a capo di Roma, ma che
pretendono di essere chiamati sindaca, con la a, come se i problemi
suoi e della città a questo si risolvessero. In America siamo al
punto che chiedere a qualcuno da dove viene, come si chiama è
considerato uno stupro, nel Regno Unito la cosiddetta parità di
genere, che è parità di trovate stupide, è arrivata a livelli
patologici. Noi come sempre a ruota, ma come opporsi a un mondo che
culla con amore i suoi carnefici, che dà i numeri per il gusto di
darli? Ci sono giornali come Repubblica che dedicano articoli interi
alla pizza delle pari opportunità, ovvero una pizza fatta da una
donna è più buona, basta con la dittatura dei pizzaioli maschi. Già
i titoli sono assolutori, consolatori, quello del Corriere dice
"Playstation e spinelli, i giorni vuoti di Riccardo e Manuel",
e sotto ci senti il solito istinto accusatore a cazzo di cane, non
sappiamo capirli, non sappiamo divertirli. Se hanno i giorni vuoti,
perché non li riempiono arginando il dolore e la solitudine che c'è
in giro? Possibile che questo fatidico vuoto debba sempre essere
causa, effetto e alibi? E intanto si lasciano
trasparire allusioni sessuali, il succube e il dominante, non è
colpa loro, è una storia perversa. Ma andate a cagare.
Ci si concentra su fuffa
del genere, ma di due, o duemila o ventimila giovani inetti che
trucidano una famiglia e poi si sfidano alle canne e alla playstation
(o si arruolano nell'Isis), si dice che sono vittime, che bisogna
capirli. Questi due balordi si sono asciugati dalle mani le
frattaglie dei genitori, poi sono corsi a farsi una canna. Il giorno
dopo gli avvocati gli hanno imposto di dire che erano straziati,
pentiti, disperati. E si fa finta di crederci.
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