Detto ampiamente della
coglionaggine dei No, resta da trattare quella dei SI'. C'era l'altra
sera da Vespa uno di questi nuovi ricchi del PD, barbetta ben curata,
polsini slacciati e pataccone al polso, tale Carbone la cui spocchia
da sola poteva spiegare l'idiosincrasia estetica di quelli che hanno
preferito il salto nel buio, l'avanzata di una destra preoccupante,
quella dei Grillo, dei Salvini, dei neo o postfascisti cui si
aggiunge, tra una visita e l'altra in ospedale, il Berlusconi
redivivo: presi a sè non sono niente, ma saldati diventano
pericolosi. Certo, il sabotaggio personale, snobistico è da
meschini, ma a sentire questo Carbone, e troppi come lui, uno si
chiede: ma come può un premier circondarsi di gente simile, ma è
possibile che non trovi di meglio nel suo giro di potere? Renzi il
fiorentino, è stato detto, ha un sacco di difetti ma gli altri sono
peggio. Questo può essere, bastava confrontare la dignità
istituzionale nella sconfitta con l'arroganza insopportabile dei
Fassina, con gli orgasmi senili dei D'Alema e Bersani, "Matteo
stai sereno". Quale alternativa avrebbe oggi il riformismo
progressista? Quella degli straccioni snob, molto più arroganti di
lui, dei girotondi, dei "professoroni", dei lunatici che
cercano uno Tsipras o Pablo Escobar all'amatriciana? Ma l'impressione
è che il giovanotto resti sempre sospeso tra il ruolo di statista e
quello di adolescente storyteller, tra rottamazione liberale e
conservazione statalista. A una intuizione positiva fa succedere un
luogocomunismo twittato, a una misura coraggiosa quale il job acts,
odiata curiosamente da chi è blindato in un posto fisso, una legge
demagogica come l'"omicidio stradale", che non ha senso e
non verrà mai applicata. Di errori, a parte la sicumera, ne ha
fatti: ha faticato a scrostarsi di dosso scoutismi incompatibili col
ruolo, ha saputo alzare la voce con l'Europa di vetro quando era
tardi, non ha avuto il coraggio di prendere di petto la questione dei
clandestini (il cui passaggio alluvionale ci ha probabilmente salvato
da attentati interni, facendo il gioco dei terroristi, ma ha creato
tensioni e incomprensioni nei cittadini ad ogni latitudine), ha
concesso mance statali agli statali, ha dipinto il Paese che
pretendeva ci fosse anziché quello che c'era. Mentre l'ottimismo
mercantile di Berlusconi sapeva di latta, quello di Renzi sapeva di
latte. Nel peggio è sembrato dare il meglio, come nell'emergenza
legata al post terremoto, dove ha saputo trasmettere la sensazione di
istituzioni umane, più partecipi di un frigido e sterile capo dello
Stato. Ma questo non basta. Si dice che le batoste facciano crescere.
Adesso ha l'occasione per dimostrarlo, perché più legnata di questa
non poteva aspettarsi. Ma gli servirebbe nuova gente, meno
evanescente e vanitosa, meno arrogante, magari anche un po' più
matura di lui, in grado di arginarne gli eccessi di sicurezza e di
confidenza: la faccenda della politica giovane, dei quarantenni che
svecchiano, si dimostra ogni giorno che passa più inconsistente al
limite della menzogna. L'ideale sarebbe il coraggio di un colossale
benservito al gerontocomio che adesso lo condiziona, aprire le
finestre e ripartire da zero. Ma questi non sono tempi e uomini da
simili gesti, è più probabile il solito tirare a campare in
condominio con chi lo ha sabotato, a cominciare da Berlusconi. Sarebbe la
solita politica decrepita, suicida e traditrice, ed è per questo
che, ne siamo certi, trionferà ancora.
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