Arrivato a questa età
non ti senti ancora pronto per il loculo ma cominci anche a chiederti
quanto tempo ti rimane, quante altre primavere, quanti Natali da
aspettare per restarne delusi. La notte, a occhi aperti nel buio,
ascoltando i rumori del silenzio. Bilanci no, ricerca di una lettura
di chi si è stati, per cogliere chi si è, eventualmente. Io, mi par
di capire, sono uno che, se lo chiami a parlare, ti dirà sempre
quello che pensa, indifferente al luogo, al contesto, alla
convenienza. Non uno che la fa fuori dal vaso, o che si espone in
modo rozzamente diretto; so stare al mondo, e poche cose mi
infastidiscono come il pensiero di mettere nei guai chi mi cerca, mi
ospita. Dico uno che non si nasconde, che non vende illusioni e falsi
pensieri: è questa libertà, che, faticosamente, mi sono
conquistato, e il prezzo, chi legge lo sappia, è sempre stato alto;
oggi lo è più di ieri. Ma non potrei essere altro che questo, anche
a provarci, anche a voler cambiare non riuscirei perché non ho idea
di come si possa fare più di come si faccia a volare. Io so
sostenere le mie ragioni, so come adornarle in modo elegante, so
insomma sostenere una conversazione e non deludo mai. Ma,
soprattutto, so che, alla mia età, posso fregarmene delle
convenienze perché, se non la dichiarazione dei redditi, almeno il
passato parla per me. E il passato è più importante della
dichiarazione, così come la percezione di sè è più importante
della reputazione, che spesso precede e a volte risolve i problemi ma
anche tanti equivoci crea. Non sono un kamikaze o un corsaro, sono un
uomo sincero e non c'è alcun merito in questo, la mia è semplice
idiosincrasia all'ipocrisia, al nascondersi dietro le parole, un modo
di scrivere, di essere giornalista, tra l'altro, che ho sempre
considerato perdente. Ancora, arrivato a queste notti insonni sento
di meritarmi il diritto di scegliermi le mie compagnie, chi
accettare, chi escludere, chi evitare. Di rifiutare certi inviti. Di
lasciar correre certe occasioni. Adesso, o mai più. Senza più
domandarmi se faccio bene o male, senza indovinare cosa si dirà di
me. Ho imparato che quello che si dice di chiunque è puramente
funzione della sua utilità in un dato contesto; come diceva Lucio
Battisti, "Mi chiamerete solo e fino a che saprò farvi
guadagnare, poi basta". Nessuno ti tiene per solidarietà e non
conosco altri, a parte me, che abbiano commesso il frequente errore
di sedersi in mezzo ai falliti per consolarli, per dimostrare loro
che eravamo uguali. Non lo siamo, io non trovo scuse per le mie
sconfitte e comunque ho vinto me stesso: se mi guardo indietro, trovo
uno che è stato decentemente coerente, e che, quando ha cambiato
idea, lo ha fatto non per scendere da una carrozza per salire su
un'altra, ma togliendosi, semplicemente, facendo un passo indietro.
Non ho cercato sponde e mi sono risolto da solo le mie polemiche, i
miei guai, le mie solitudini. Si può essere uomini per tutte le
stagioni, io ho cercato di essere uno senza stagioni. Si fatica di
più, ma anche di più si dura. Con se stessi, perlomeno, con il
proprio profumo.
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