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QUELLE IDEE DA BUTTARE


Ho avuto un fulmineo scambio di tweet con "Osho", il romano che s'è inventato questo metapersonaggio impareggiabile. Divertente, irresistibile davvero, ma che tirasse anche lui verso il grillismo me n'ero accorto: mai una battuta, mai un fotomontaggio. Così gliel'ho ricordato, "ti sei svegliato anche tu", e lui m'ha rimandato una non-risposta: "Nun te illude, vicenda grottesca ma il PD resta il marcio da estirpare". Volevo chiudere alla sua maniera, "fa' un po' come cazzo te pare!", ho preferito replicare che io non mi illudo mai, ma nemmanco mi consolo. Perché qui scatta proprio il meccanismo consolatorio che origina mostri peggiori dei precedenti, l'assurda convinzione che, in mezzo a tanta mediocrità, o marcio se si preferisce, l'importante sia cambiare purchessia, dando retta ai primi cialtroni che passano per la strada. I risultati si sono visti e non potevano non vedersi. Ed io mi chiedevo sempre come faceva un tipo brillante come questo inventore del para-Osho, a non trovare spunti ironici sulle prodezze a 5 stelle. Certo, che li trovava; ma preferiva censurarsi, perché "Il PD resta il marcio da estirpare". Insomma, divertente, affilato, irresistibile, ma pure lui embedded, sia pure per omissione. A questo punto, però, non te la puoi cavare col "tuo" Osho paternalistico che si dispera, "Ma se po' esse più cojoni?". Perché in questa vicenda, che è molto oltre il grottesco (ed è appena all'inizio), c'è qualcosa di peggio della cojonaggine, c'è la resa condivisa del pensiero critico ad una selva di soluzioni di comodo che rimuovevano la realtà inevitabile. Soluzioni cresciute su false logiche, su pensieri deboli che deboli poi non sono, visto risorgono regolarmente dalle loro rovine "con più fame che pria". Non sono io a illudermi, sono quelli che prima hanno enfatizzato un cambiamento ispirato alla conservazione dei rifiuti e adesso si rifugiano ostinatamente nel marcio piddino da estirpare: a maggior ragione, se a marcio si sovrappone marcio, c'è poco da stare allegri. E in effetti, il Titanic grillino, atteso ma non in modo così repentino, fa piazza pulita di tanti luoghi comuni, dalla trasparenza alla democrazia integrale, ma prima di tutto spazza via un mucchietto di miti edificanti. Il primo è appunto quello della cura omeopatica, delle alghe della rettitudine: se marcio c'è, basta votarsi al primo ciarlatano che passa urlacchiando "o-ne-stà!": opzione che non è solo infantile, è foriera di rinnovati disastri, di ulteriori costi e spese per sostenerli. Un altro è quello del giovanilismo a tutti i costi, dei ragazzi senza alcuna preparazione ma vivaddio vergini dai vizi della politica vecchia, dai suoi bizantinismi, dalle sue corruzioni e corrosioni: alla prova dei fatti, si è visto che quelli "de profesion bel zovine", come diceva Nereo Rocco, sono buoni a nulla capaci di tutto e in particolare di farsi largo con le armi e gli arnesi di sempre: clientelismi, faide, forche, ambizione mediatica. La differenza è che sotto non c'è un disegno politico di salvataggio, neppure abbozzato, c'è solo una strategia personale, palesemente ispirata dal carrierismo. Il terzo mito salvifico è quello rosa, della donna che in quanto tale sarebbe più adatta a curarsi della cosa pubblica perché sensibile, generosa, fantasiosa ed altre stupidaggini consolatorie, non sorrette da alcun princìpio di realtà. La Raggi, ma non è l'unica, non è né sensibile, né generosa, né fantasiosa, né abile. E' una carognetta messa lì da un comico, una che alle prime difficoltà s'è squagliata: fuggiva dal Consiglio Comunale con la scusa di dovere accudire il figlio, si abbandonava a scene di pianto forse comprensibili in una sindaca con la A, ma sconsigliabili in un sindaco tout court, specie a capo della metropoli più famosa e tra le più problematiche del mondo. Totalmente inadeguata, come donna, come giovane, come amministratrice o amministratora, come tutto. Resta la solidità del buon senso, che nel frattempo è stato immeritatamente ghettizzato: non è il sesso a deporre, è la qualità dell'individuo e una donna di per sè non è né meglio né peggio di un pisello: per questo io voglio andarla a vedere (absit injuria verbis), capirla, rendermi conto della sua consistenza. Ma la storia non insegna niente, indifferenti alla débacle sindacale della Raggi subito i cortigiani del pensiero corretto ripartono con le loro trombettine a cantare le lodi della Hillary Clinton prima presidenta femmina d'America, se non ora quando.

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