Domenica scorsa una girata
in Vespa fino a Porto Recanati. E' questo un borgo marinaro
incantevole, fatto di sfumature nostalgiche, che può risultare
intrigante o malinconico. Ma oggi era deprimente. Si respirava la
fine dell'estate, il periodo in cui i posti di vacanza si
preparano a morire, e tutto mormorava rimpianto, i localini, le
botteghe, i turisti, le vecchie sedute davanti alle case. Il lungo
viale principale dei negozi e dello struscio era vagamente decadente,
e, giù in fondo, languiva un po' la piazza nostalgica col cinema
Kursaal prigioniero di una cartolina da cinemascope e un albergo a grattacielo che
è chiuso da anni e perde i pezzi. Ogni angolo qui racconta di estati
respirate in epoche struggenti. E poi il lungomare, che è un
incantesimo bergsoniano: a partir dalla piazza intimo, accogliente
come un abbraccio perché la spiaggetta di sassi è cortissima, i
barettini e i giochi degli stabilimenti arrivano fin sul marciapiede
e, subito dall'altro lato, le case marinare tipicissime; qui e là un
ristorante che è la stessa faccenda del cinemascope, verande e vetrate
esistenzialiste e menu scritti a penna o con svolazzi pomposamente
ingenui da tipografia d'antan. Poi, man mano che prosegui, gli chalet
si fanno sempre più ossuti, consunti, vintage, retrologici e infine
lattiginosi e ti stupisci di non trovarci il juke-box coi watussi,
luglio col bene che ti voglio e Rocky Roberts. Calava il tramonto e
abbiam ripreso la Vespa. Ed io, come ogni volta, ho guardato col
cuore stretto di pena verso l'Hotel House sulla Statale, l'incubo
immane, i due ciclopi che ingurgitano e vomitano in
continuazione umanità giocata a dadi. Qui si uccide e si muore per
tutto e per niente, qui la disperazione non ha tempo né colore; è
senza età. Guardala qua l'integrazione: lo direi a chi ha consentito
questo scempio, questa metastasi che resiste a se stessa. Prenderei
uno di questi demagoghi che la ruminano e lo porterei nelle viscere
dei ciclopi: ti do un'ora, un'ora al massimo, se esci vivo possiamo
discutere di integrazione. Ma tanto sono sicuro che un parolaio qui
non durerebbe il tempo di negoziare e neppure di rimpiangere
l'Overlook Hotel, che in confronto all'Hotel House è un centro
benessere: in meno di un brivido gli staccherebbero la testa col
machete, l'arma preferita tra questi pianerottoli che si arrampicano
fino al cielo per precipitarne meglio. E siccome anche i disgraziati
hanno diritto di sognare, giustamente escono, si allungano fino al
centro e li vedi che ti guatano, in caffetano, palandrana,
canottiera, stracci fra i più improbabili ma sempre gli stessi
occhi. Guardala qua l'integrazione. Si schiude nel bel mezzo del
viale un quartiere residenziale, boutiques e terrazze romane, perfino
l'ufficio postale si direbbe privato, scendi le scale e ce l'hai
davanti, l'abbiamo sempre invidiata io e mia moglie questa enclave di
palazzine a colori pastello, ma stavolta era lugubre. Qualche
amministratore criminale ha consentito l'apertura di una sala slot ed
è bastato, si è subito riempita di fantasmi spietati che giocano,
spacciano, pisciano, e il minuscolo parco delle Rimembranze sta
appassendo. Guardala qua l'integrazione. I politici la menano, ma
alla prova dei fatti questa sbandierata integrazione non ha sortito
risultati, ha solo consumato, rovinato, tolto. E non è solo un luogo
comune meschino, quello dei disperati che "rubano" lavoro:
non succede nelle professioni alte ma in quelle rasoterra è la
realtà, per la semplicissima legge economica dello sfruttamento: un
afflusso di disperati senza niente da perdere e niente da rivendicare
trascina al ribasso le condizioni minime di impiego, chi prima poteva
pretendere copertura minima e x euro l'ora adesso si sente dire,
questi vengon via a x-meno euro, prendere o lasciare. Sì, alla prova
dei fatti questa immigrazione trentennale non ha sortito niente di
positivo, ha solo pregiudicato, soffocato: incarognito chi arriva,
incarognito chi c'era. Quanti sono i Porto Recanati coi loro Hotel
House? Quale Paese può permettersi di mantenere migliaia e migliaia
di disperati completamente inattivi o votati al crimine? E in almeno
trent'anni di buoni propositi, ottimi valori e infallibili soluzioni,
la musica non è mai cambiata e dopo trent'anni questo è solo
l'inizio, i padreterni dell'Europa burocratica si sparano un vertice
a settimana, concludono invariabilmente che "l'Europa deve
cambiare passo" e intanto arrivano in altri cinquemila. Già
centotrentacinquemila dall'inizio di quest'anno, e manca ancora un
quadrimestre. Ma dicono che non è emergenza. La fa facile il papa
col suo "tutti dentro", ma lui non sa letteralmente di che
parla, lui fa il suo mestiere che è quello della sacra
rappresentazione, e la Boldrini, che sulla solidarietà cartacea ci
ha costruito una carriera, vuol diventare presidenta della
Repubblica.
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