Confesso che non l'ho
tanto capita la levata di scudi contro il titolo del Carlino sulle
arciere cicciottelle. Titolo cretinetto, certo, ma le nefandezze del
giornalismo sono altre, anche se l'editore, per placare le vestali
del politicamente corretto su internet, ha voluto una testa su un
piatto d'argento. Ora le vestali festeggiano, ma sono le stesse che
non si fanno problemi nel definire qualcuno che considerano
avversario politico come un nano, un deforme, uno storpio, uno
spastico eccetera, le stesse che a Giuliano Ferrara scrivono: taci,
grassone di merda. Ma sì, sono quelle che considerano geniali certi
titoli del Manifesto, ricordate il pastore tedesco, che giocava non
solo sul fatto di dare del cane a Ratzinger, ma, ed è quello che più
deliziò le vestali, sul gioco di parole tra il vicario di dio e
l'animale, insomma, tradotto: dio cane e papa pure. La satira, che
non ha padroni, che non ha limiti! Però sulle atlete non si può
scherzare, neppure in modo maldestro e a me resta il sospetto che se
quel titolo fosse piovuto da qualche quotidiano più organico, non si
sarebbe vista gente agitarsi in un modo che sarebbe stato apprezzato,
per esempio, dopo una strage dell'Isis. Il punto non è la testa del
singolo direttore che rotola (le teste dei direttori si riattaccano
sempre), ma il limite di tutto questo: della portierona sudafricana,
che pesa un quintale, si potrà ancora dire che copre tutta la porta
oppure bisognerà definirla diversamente magra e lodarne l'esilità
percepita per non essere crocifissi in sala mensa virtuale? Chi lo
decide il confine dell'umorismo, che per sua natura è paradossale e
fa leva sulle anomalie: la commissione permanente sui social? Per un
apprezzamento stupido, ma quasi affettuoso, hanno scomodato sessismo,
razzismo, nazismo, si è mosso pure il presidente della federazione
tiro con l'arco con una lettera che pareva scritta per i dannati
della terra. Il senso è chiaro: colpirne uno per educare tutti gli
altri. Che, infatti, si adeguano: commenti parrocchiali, telecronache
soporifere, non si può più dire niente di nessuno, l'errore da
bestia diventa "gesto atletico non irresistibile", si sente
che chi parla è terrorizzato dalle conseguenze, che palle.
Affoghiamo in un umorismo da battutisti di twitter, gente in cerca di
una fazione, rottami di una stagione moralista che non tramonta mai.
In compenso, lo snobismo corrente ostenta rimpianto per i grandi
eretici, gli eccentrici senza eredi, sapendo che oggi non sarebbero
tollerati. Difatti, da quanto tempo non si sente più dire che il
tale artista o atleta non vale niente? Appena ieri, Gianni Brera
irrideva fisicamente e perfino mentalmente i calciatori in fama di
stortignaccoli e cachinnici e "poveri cani", per non dire
di Beppe Viola il cui surrealismo non risparmiava nessuno: oggi gente
così quanto durerebbe, spazzata via dal furor popolare del moralismo
su Facebook (dove eruttano, allegramente commentate, pagine ispirate
alle bestemmie più infantili e alle invettive più oscene e
spietate)? La morale va dove la tiri, si indigna se il titolino viene
da una parte ma solidarizza se l'epiteto razzista sibila dall'altra;
ciò che oggi pare doveroso vietare, domani può benissimo venire
contrabbandato per legittimo esercizio del diritto di opinione e di
satira. C'è un partito, quello di Grillo, che, in parallelo al
giornale di riferimento, "il Fatto", ha conosciuto una sua
effimera fortuna storpiando facce, nomi, reputazioni e ispirandosi al
"vai a fare in culo": cosa che non ha suscitato un
millesimo delle reazioni per un titolo più insulso che infame, sul
quale però le vestali dell'insulto non hanno inteso transigere. Mi
correggo: lo spirito del "jesuiscicciottella" l'ho capito
benissimo, ma, proprio per questo, mi risulta incommestibile.
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