Il modo che l'opinione
pubblica progressista ha trovato per giustificare le stragi europee
ha molto del moralismo cattocomunista: uno che fa una cosa del genere
dev'essere matto per forza, perché nessuno fa il male volendolo. Che
è un bel modo per affogare il particolare nel contesto, ma un contesto che non c'è. Fa
niente se questa epidemia di matti o di spostati scoppia in tempi di
terrorismo islamico, se le stragi fanatiche innescano, come si sa
benissimo, meccanismi di esaltazione e di emulazione: tutto è
risolto con lo squilibrio mentale, che ovviamente è da imputare al
logorio della vita moderna, come diceva Ernesto Calindri nella
pubblicità del Cynar, o all'alienazione monodimensionale
capitalistica come diceva Marcuse nella pubblicità del neomarxismo.
Da qui a regredire all'antipsichiatria di Basaglia, è un attimo:
sono matti però non lo sono, sono alienati ma sani perché alienata
è la società dei consumi. Discorsi sconclusionati che si completano
col fatalismo cattolico: poteva andare peggio, potevano morirne di
più, "per fortuna è andata bene". Ma se va bene oggi,
andrà male domani. Ci si potrebbe chiedere come mai questi lunatici,
questi disadattati nel momento fatale trovano di che inneggiare ad
Allah, come possano da soli trovare armi e bucare le sicurezze
allertate perennemente, si potrebbe anche sospettare che all'opinione
pubblica e al potere che la manovra conviene più un disadattato che
un fanatico, ma, per non scadere in sospetti di dietrologia, restiamo
ai fatti ufficiali, alle versioni ufficiali. Solo che anche così, un
altro dettaglio non torna nelle consolazioni politicamente corrette:
se a fare una strage è uno in odor di migrazione, di accoglienza, è
un matto, se la fa un americano non è mai un depresso ma è colpa
delle troppe armi. Ogni tanto non farebbe male guardare il dito anziché la luna dei sistemi, delle teorie, delle
idee iperuraniche.
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