Ci
siamo abituati alla follia. Le scene della gente che corre urlando,
dei bambini morti stringendo un pupazzo dovrebbero sembrarci
incredibili, inaccettabili e invece sono diventate la normalità, il
nostro pane: ci sembra strano se non lo spezziamo ogni giorno. La Francia, l'Europa, intontite da dosi di politicamente
corretto, le parole che non significano niente, non sanno difendersi,
non sanno imparare dalle sciagure che subiscono. Neanche questa volta
servirà, perché la linea è chiara, è indurita come una vena
sclerotizzata e nessuno avrà il coraggio di rinnegarla. Siamo
ripiegati nella sudditanza, usi ormai a subire, a tremare. Le nostre
feste, le ricorrenze, i raduni sportivi si vivono all'insegna del
terrore, "speriamo che non succeda niente", ma se non
succede oggi, succede domani. Poi dal fumo salgono i lamenti e dai
lamenti le analisi che non colgono niente, le fiere
dell'esibizionismo televisivo, i distinguo di paglia, le cazzate ideologiche, le pippe sugli islamici moderati (che non dicono una parola e quando parlano è per additare le vittime), i luoghi comuni
che non colgono la matrice malavitosa di questi stragisti ai quali si
vuole riservare un trattamento privilegiato, da interlocutori seri,
affidabili. L'ultimo attentatore, quello di Nizza, ultimo fino a
domani, era un volgare truffatore, uno stupratore, pratica che
nell'Occidente infame bene o male viene ancora considerata reato. Ma
ci siamo abituati alla follia, se trucidano nostri connazionali o
contigui subito ci diciamo che è colpa nostra, che abbiamo
sbagliato, che hanno ragione quelli che hanno fatto il massacro e
l'ipotesi di reagire con una strategia dura, anche non convenzionale,
la scartiamo con orrore, meglio la canzoncina in girotondo di una
popstar un po' sciroccata, un po' ipocrita. Dopo Charlie Hebdo, la
Francia si è vergognata di se stessa, dei suoi umoristi forse
infantili ma comunque vittime, c'è un libro di Giulio Meotti che
riepiloga tutta la discussione, allucinante, giustificatoria, che
perfino il papa cattolico ha riassunto in una frase disgraziata: "Se
uno mi tocca mia mamma gli do un pugno sul naso".
Frasi
inutili o dementi dopo ogni macello, "La Francia è un grande
paese", "Non dobbiamo avere paura", "E' tempo di
piangere ma non ci piegheremo". Intanto i terroristi ridono,
festeggiano. Sì, siamo abituati alla follia e nella follia mangiata
come pane ci può stare un capo terrorista, responsabile di tre
stragi con 130 morti detenuto in una specie di hotel di lusso, e più
protesta e più lo accontentano. Ha preteso un maxischermo ultima
generazione per vedere gli Europei di calcio, i reality con le
ragazzine francesi un po' laide, strano modo di odiare l'Occidente.
Ma l'Occidente lo accontenta. Dicono: è per farlo parlare, per
fargli svelare le complicità. Risultati non pervenuti, forse quel
che si vuole davvero è che non parli, che non riveli. Comunque anche
oggi abbiamo avuto la nostra strage quotidiana, domani, abbiate fede,
ce n'è un'altra.
Ci sono gli idioti che blaterano che ce lo meritiamo, che l’occidente è cattivo e noi siamo tutti bombardieri e imperialisti e filo americani: questi ritardati li lascerei dove sono, cioè nei loro stessi liquami. Ma c’è anche la categoria di imbecilli che si fa punto d’onore personale ad affannarsi a cercare di dimostrare che questo stronzo ha ucciso perché era depresso e che l’islam non c’entra. Ecco, esattamente, da dove nasce questa ossessione del non voler parlare male dell’islam non la capisco
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EliminaPer molti nostri pensatori, Islam è sinonimo di anticapitalismo occidentale, e quindi anche di alternativa al cristianesimo. Tutto si tiene.
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