Grazia Letizia Veronese
perde la causa e la musica di Lucio Battisti torna patrimonio
dell'umanità, qualcosa che tutti possono celebrare, cantare. Ci ha
messo anni Mogol a vendicarsi, ma la rappresaglia è andata a buon
fine: un tribunale, quello civile di Milano, ha stabilito che lui,
Mogol, il paroliere, deve ricevere 2,6 milioni di euro dalla vedova
in conseguenza del suo ostracismo ingiustificato, che le edizioni
Acqua Azzurra non possono negare a Rapetti Giulio quello che gli
spetta, che ha diritto di far vivere come e se vuole le composizioni
che con Battisti ha creato. L'autore che la spunta sull'editore,
inaudito. Se vale per Mogol, vale per tutti: la Veronese non potrà
più impedire festival, rievocazioni, iniziative in memoria del
marito, della sua musica eterna e personale, popolare e raffinata,
musica che intrigava David Bowie.
Non è, a questi livelli,
una questione di soldi, è una questione di cellule per dire di
quello che sta dentro, dell'umanità fatta di princìpi, di ripicche,
di rivalse. Nessuno ha saputo spiegare compiutamente le ragioni della
separazione "consensuale" tra Rapetti e Battisti nel 1980,
subito dopo il disco Una Giornata Uggiosa, si diceva di
piccole meschinità, royalties contese, terreni confinanti, ma la
leggenda più accreditata mette la Veronese come un paletto nel cuore
del sodalizio più fecondo della musica pop italiana. E né Battisti
né la moglie si sono mai darti pena per smentirla, per correggerla.
Sì, d'accordo, Battisti è sempre stato un orso, un provinciale
diffidente, uno che già nel 1970 poteva mostrare in televisione
tutta la sua insofferenza ai giovani che lo contestavano; d'accordo,
due anni dopo, di fronte ai fotografi che lo assediavano in ospedale
dove era nato il figlio Luca, avrebbe improvvisamente chiuso con la
dimensione pubblica, coi concerti e le esibizioni, lasciando presto
anche la casa di largo Rio de Janeiro a Milano per la "Brianza
velenosa" del Dosso, ma sempre con Mogol a fianco. D'accordo,
lui è sempre stato uno che, se lo riconoscevano, mentiva, gli
assomiglio eh?, lo so, me lo dicono tutti. Ed è vero che il disco
del cigno, la "giornata uggiosa", lo aveva deluso, il
produttore Jeoff Westley aveva stravolto i suoi provini, il lavoro
comune si era spezzato, musicante e paroliere creavano separatamente,
per intuizioni parallele. Battisti si sentiva al capolinea e
l'avrebbe dimostrato di lì a poco con le fughe sintetiche di E
Già (i cui testi sono attribuiti alla moglie) e poi con il
barocco elettrosinfonico di don Giovanni. Ma è un fatto, non
contestabile, che dietro la progressiva autoemarginazione di
Battisti, dal pubblico, dal palco, da Mogol, dal mondo, c'era lei,
c'era la presenza di questa donna innamorata, possessiva e
diffidente, che ha fatto gli stessi danni della vedova di Frank
Zappa, Gail. Il percorso delle due è speculare in modo
impressionante: una simbiosi sempre più avvolgente in vita, quindi
un controllo ferreo, paranoico del lascito artistico, i "no"
a tutto, anche alle manifestazioni d'affetto, anche alla nostalgia,
le diffide, le azioni giudiziarie per un deja-vu televisivo come ad
una chitarra davanti a un falò in spiaggia. Le rare occasioni si
risolvono sempre in bagni di sangue, il sindaco di Molteno deve
sbaraccare all'ultimo momento un festival per Lucio e poi la vedova
va a togliere perfino i bigliettini dei fan dalla tomba e vuole
portarsi via le spoglie dal cimitero. Talmente blindata da evitare
perfino la fatidica fondazione, il centro di potere di tutte le
vedove di successo. Finché di processo non cade lei. Che
naturalmente non si rassegna e annuncia ricorso.
Anche il percorso dei due
artisti è parallelo nelle spirali di isolamento progressivo. Zappa che
scopre il synclavier, fa a meno dei musicisti, si rinchiude in
composizioni computerizzate, lascia un canto del cigno raggelante
come Civilization, Phase III; Battisti che inaugura la serie
dei dischi "bianchi", fino al capolinea di Hegel,
che nessuno capisce davvero, dischi nei quali si possono trovare
pregi fin che si vuole ma non se ne può negare la struttura e la
mentalità autistica, sono album con la sindrome di Asperger quelli,
interessanti perché il genio non si spegne ma concepiti da un uomo
disperato, da un talento prosciugato, che non esce più, che si nutre
di libroni sul giardinaggio e altri passatempi da pensionato, che
vive di ricordi e forse di rancori. Chiede un giorno Giulio a Lucio:
"Ma perchè fai queste cose, così ermetiche, così distanti da
te, da noi?". "Perché nessuno possa fare confronti",
è la risposta, tragica, disarmata. Quanto a dire l'ammissione che
l'uno aveva bisogno dell'altro, cosa che la Veronese non poteva
accettare.
Ma la musica è più
forte, è Jerico, butta giù i muri, non la puoi fermare non la puoi
recintare come il mare di Lucio Dalla, la musica è sempre la prima
cosa che sfugge alle dittature e che le dittature temono, è fatta
d'aria e di sogni, ma aria e sogni terribilmente concreti. La musica
ha vinto e da oggi il canto libero di Lucio Battisti è più libero.
Io di Battisti ho un ricordo che non è un ricordo, è una eco lontana.
RispondiEliminaFalò in spiaggia, durante i campeggi. Personaggio misterioso e figura da cui non si può prescindere. Chissà che questo atteggiamento della vedova non sia un tentativo un pò ossessivo di difenderne la memoria o le volontà, boh. In ogni caso bel pezzo, scritto bene e pieno di spunti su cui riflettere.