Patetica strana magia,
nascosta nell'irrilevanza domestica. Mi sento esausto, dopo pranzo,
così mi allungo sul divano. Nerino, che non sa stare senza di me,
senza il mio contatto fisico, si insinua tra il mio corpo e lo
schienale, tutto schiacciato ma ci sta; mia moglie ci stende addosso
una coperta ed io sprofondo. Ma nel dormiveglia ricevo le confortanti
vibrazioni delle sue fusa, è una piccola guardia del corpo il mio
Nerino e per niente al mondo mi abbandona. Di colpo nel torpore si
fa strada un lampo: le sue zampine che mi abbracciano, io che
abbraccio tutta la sua soffice fragilità di gatto e mi risento
piccolo tra le braccia di mio padre: a lui piaceva tenermi con lui in
quella siesta di mezz'ora prima di riprendere la sua vita convulsa,
la sua fatica da bestia. Io pativo quell'immobilità transitoria, ma,
sapendo che gli faceva piacere, mi adeguavo. Nerino invece è a suo agio
lì, preda di me, il calore lo ricevo da lui, non dalla coltre.
Chissà se mio padre era più felice di me, penso tutto sommato di
sì, penso gli piacesse quella vita confusionaria e frenetica, sempre
in apnea, interrotta da furibondi sonni che ne ricaricavano la
inesausta volontà. Io non sono così, io non so vivere e del vivere
vedo le pieghe, le inutili fatiche, le disillusioni crudeli. Eppure
so che non c'è alternativa. Eppure questa vita va vissuta, anche
quando sembra risucchiata nel tempo che sprofonda, anche quando i
suoi vicoli ciechi ti confondono e i suoi labirinti ti disperano. E
le passioni non ti aiutano più, le ideologie non soccorrono, gli
interessi ti stancano. Ma c'è questa vita, anche quando è al
lumicino, c'è questa vita puttana che però è tutto ciò che hai, a
volte è solo questione di uscir dall'incantesimo per riannodarne i
fili. E non è mai tardi, perché la vita è quello che ci resta
ancora, è quello che avanza dopo il sortilegio. È un rosario di
casi fortuiti la vita, più ti stanca, più ti chiedi se ne valga la
pena, e più trovi la risposta nella risposta che non ti dai. Anche
la sua latitanza ti lascia qualcosa, ti insegna a rifugiarti in
correnti di dolore che un giorno fioriranno. Di cicatrici, forse, o
di tatuaggi, ma sbocceranno. Niente è mai perduto, anche se lo vuoi.
Niente è mai inutile, anche se lo giuri. Perché vita sei tu, in
tutti i giorni persi, nei conati, nelle sconfitte, nei sorrisi
patetici, nella voglia di vita nonostante. Vita è anche se suoni da
solo, vivi da solo, speri per niente. Perfino quando ti pare il
contrario di esistere. Vita è il respiro di un gatto contro di te,
sei incosciente ma lo senti e ti riporta tuo padre e ti riporta il
bambino mille volte morto, ma ancora una volta vivo.
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