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SEMPLICE


Vorrei parlarvi delle persone normali, che non ci sono più. Dico meglio: ci sono ancora ma non riesci a intercettarle, perse come sono nelle ondate di esibizionisti, di idioti squillanti. Di millantatori e di mitomani. Persone normali, che non esasperano le loro caratteristiche, non fanno dell'artificio la loro cifra. Che non ti aggrediscono cercando di essere cosa non sono e non saranno mai. Non ti investono coi loro gadget, la volgarità pronunciata, la sessualità esibita, i mille segnali da pirati del conformismo. Indefinitamente, percettibilmente normali, non in competizione con l'universo, non in guerra con l'umanità (anche se se la tirano da pacifisti, erbivori, solidali, celiaci, perfino bipolari all'occorrenza), che esprimono un'anima senza coloranti e conservanti e non temono la spontaneità, non si vergognano del loro essere non “bio”, ma naturali: naturali davvero, naturali e basta. Che è tutt'altro dall'esibizionismo popolano, ruspante, vulgaris di chi vuole tramortirti come un treno informale, “perché io sono sincero, troppo sincero”. E anche questa è finzione, se uno non ha riguardo neppure per il dolore, se non sa escogitare una pietosa bugia per chi la merita, non è un individuo vero, è solo un vero coglione. O una carogna. No, la normalità non è malata di protagonismo, si espone all'insidia del sarcasmo, non si nega una misura di ingenuità; ne mette in conto il prezzo, e questa mi par quasi una piccola, recondita oasi di coraggio, se non di eroismo. Perché il mondo è tanto più cattivo quanto più è competitivo. Ma la normalità lo riscatta, questa normalità difficile, impopolare, semplice e perfetta come una margherita. E davvero esserlo, semplice, non è semplice affatto; qualcosa che ti fa fermare allo stop, ti mette in bocca un respiro. Ho appena visto su Facebook il sorriso di una ragazza con una gonna nera, una maglietta a righe rosse e nere, posava davanti alle sue creazioni artigianali. Non minacciava nessuno, non voleva scioccare nessuno, era solo contenta, normalmente orgogliosa di ciò che aveva fatto, di quella che era. Un sorriso normale, fresco, forse perfino ingenuo. Non ti conosco ragazza, non saprò mai se sei come appari o tutto il contrario, ma mi hai stregato con il tuo antidivismo. Perché qui tutti si sentono divi: presunti, mancati, futuri, conclamati. E questa normalità così anormale nella noncuranza di sé, mi pare di colpo la dimensione più sorprendente, più rassicurante: ancora c'è qualcuno che si propone senza filtri perché non sa essere altro che chi è. Per fortuna.

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