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SEI FOTOGRAFIA


Oggi mio padre avrebbe compiuto 78 anni. Chissà se potrò mai tornare a leggervi questo.

Ora ho avuto conferma di quello che sapevo ma che tutti rifiutavano intorno a me: per te è finita vecchio mio, è partito il conto alla rovescia. Se Dio vuole: nessun Volere può volere un così mare di sofferenza, e tu sono venticinque anni che lo nuoti. Ingiuriato come nessuno, dignitoso come nessuno. Come un leone ti batti contro il male. Contro te stesso. Io non sarò mai come te, io non ce l'ho il tuo coraggio. Ed è difficile perdonare un Dio che era sempre via, che tutto t'ha lasciato succedere, che t'ha voluto a sua immagine. Non potete saperlo, ma se ne va un uomo unico nella generosità e nei difetti, nella capacità di soffrire e nella voglia di esistere: non s'è mai dato pace, ancora sperava rinascere: “Quando sto meglio mi porti a fare un giro in Vespa?”. Spingo mio padre per le corsie di un ospedale, scricciolo battuto su una carrozzina e capisco che oltre il dolore la morte di un padre è uno specchio, è la morte della tua vita, radice che si secca. Ti senti tu stesso vicino alla morte, predestinato come mai prima: è la fonte della tua vita a inaridirsi, e quando lo provi fluttui nello sgomento. È sconcertante: solo io posso capire cosa succede quando crolla come un muro questo rapporto tormentato con un padre che non ho mai capito, che non mi ha mai capito: quante volte a beccarci, a litigare, a prenderci a botte e adesso mi pare un brutto film. Sono passati troppi anni e non ricordo più da quanto eri rantolo e strazio, lamento e disperanza, e in un attimo tutto è imploso, presto sarai fotografia. Lo sei già, per me. Da quanto non sento la voce che mi schiacciava, solo l'eco di un'eco. Già stai nelle braccia di chi non è più, e ti ritrova. Ho orrore e spero di vederti finalmente immoto. Questo scricciolo non sei tu, sei il tuo fantasma, il ricordo della forza travolgente, prepotente che eri. Solo la voglia di vivere non ti abbandona ancora, e davvero non so come tu faccia. Spingo la carrozzina per una corsia infinita, e mi pare di spingere la morte. Se Dio vuole abbiamo finito di litigare, vecchio mio.
E senza figli mi sorprendo tuo padre. T'accarezzo la testa, ora lo posso fare. E ti guardo che arranchi salendo il tuo calvario, che di dolore stanca chi sgomento ti guarda. Treni di sofferenza, oltre la dignità: questo il tuo capolinea, treni di febbre e gelo, sofferenza negli occhi, nei denti, nelle labbra, e ti muovi a rilento, tartaruga stanca, come un pesce senz'acqua. Il tuo mantra di dolore l'hai martellato fino a ipnotizzarci. E ogni tuo respiro è una freccia spietata che il costato ti buca, e ogni tubicino ti nutre e t'avvelena, ogni respiro infuoca, inaridisce e umilia. E mi tendi la mano gelida da tenere, ormai non parli più; t'accarezzo la testa e in mano ho i tuoi capelli, i tuoi capelli bianchi che mi coprono tutto. Rantoli mentre Stanlio e Ollio danzano sullo schermo. Il singhiozzo ti squassa, persino dopo morto. È il male, che non molla, che non ti vuol lasciare. Smetti di rantolare, per favore. Smettila adesso, non ti posso sentire. Un ultimo sorriso, per favore. Non sono pronto, non so come fare...
E sei fotografia. Eri la vita mia, più volte maledetta ma me l'hai ricomposta mentre tu ti disfavi. E più soffrivi, e più l'amore ci guariva. Lo strazio più feroce, l'ho visto nel mio sangue. M'hai strappato dolcezza, la vendetta perfetta. Piccolo, immenso padre, disgraziato mio padre, io non ho più parole, né lacrime, né rabbia. Tutti i luoghi che vedo mi parlano di te. Tutte le mie battaglie, sono solo gli sfoghi del virus dell'onestà che m'hai passato tu. Ora mi manca pure disperata speranza. Perfino quella stanza, con dentro la tua smorfia nelle ore di dolore. Perfino i viaggi inutili per medicine futili. Il tuo sorriso indomito è tutto ciò che eredito. Tutto ciò che mi serve. La tua fotografia, se la nostra è una piccola storia da libro Cuore, patetica e crudele, che muore in ospedale in un giorno di sole.
E poi, quando Dio vuole raggiungi la tua morte e nel cuore mi scoppia la serenità arresa: ho smesso di soffrire di colpo insieme a te, volo via sul tempo insieme a te e tutto torna, finalmente sul mare, come ieri bambino e corro respirando, corro senza affanno, corro sorridendo nel sole del mattino avvolto nella tuta che ha ancora il tuo profumo, e in tasca porto solo una fotografia.

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