Ci sono fatti che ti
fanno infuriare anche se non li conosci, anche se ne sai giusto il
poco che leggi sui giornali. A Pordenone una ragazzina di 12 anni
si butta dal settimo piano e, solo per miracolo, non rimane
spiaccicata, anche se le lesioni alla spina dorsale restano tutte da
stabilire. La spiegazione, se tale si può considerare, in un
biglietto: “Adesso sarete contenti”, e si riferisce ai compagni,
che a quanto si è capito l'avevano presa di mira. A dodici anni
tutto è da interpretare perché tutto è apocalittico: può darsi
benissimo che il bullismo (che termine pessimo) non fosse così
grave, che la scolara esagerasse nel vittimismo; ma anche no, forse
era davvero emarginata e la scuola le era diventata un incubo. Ma non
è tanto questo che fa disperare, è che, come al solito, le indagini
interne della scuola (che è sempre al corrente della situazione),
della magistratura, del ministero, finiranno nella solita bolla di
sapone: solidarietà alla vittima ma attenzione a non criminalizzare
una scolaresca, un istituto, un sistema il mondo intero. Già sento
frusciare le solite code di paglia, “altro che criminalizzare la
scuola pubblica, sotto attacco dalle politiche liberiste che
vorrebbero renderla funzionale ad un disegno egemonico e classista,
bla bla bla, dateci più risorse, più soldi, la scuola è un bene
comune, bla bla bla”.
Sì, finirà tutto in
vacca, more solito, e quei bulletti, presunti o forse veri, non
passeranno alcuna conseguenza, nemmeno una ramanzina dal preside:
vorrai mica scatenare un trauma in quelle povere stelle che (forse)
spingono una coetanea a tentare di farla finita. Di conseguenza,
imparando che con certi comportamenti carogna non rischiano niente,
tenderanno a potenziarli, a tirarsela da piccoli boss: alzi la mano
chi, ai nostri tempi, già corrotti da demenziali impunità
mascherate da progressismo, non ci è passato. Per questo, un modo
per “combattere la piaga del bullismo” io personalmente ce
l'avrei: non consiste nelle giaculatorie e nemmeno nelle
rivendicazioni, ma – una volta appurate eventuali responsabilità -
in una scarica di pedate nei giovani culi coinvolti; estensibili, in
caso, anche alle mamme e ai papà sul sentiero di guerra perché “è
il mio bambino, lasciatelo stare, c'è di peggio al mondo”. Non è
un sistema becero e neppure reazionario, lo adottava già Peppone, il
sindaco comunista di Guareschi ("E se qualcuno ha qualcosa da obiettare, lo faccio volare dalla finestra"). È un sistema realmente democratico, che tutela
sul serio i più deboli e garantisce sempre risultati, molto più
delle fanfare sociologiche e politichesi che da una cinquantina
d'anni sfornano solo prepotenti isterici, convinti, crescendo, di
aver perenne diritto ad ogni abuso.
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