Ho incontrato trappole, tranelli, volentieri da gente che coltivava il gusto
dell'indignazione, e che però non si indignava di sapermi a un passo
dall'ombra del ponte, anzi pareva divertirsi parecchio, lo ha messo
anche per iscritto, e non ha rinunciato al gusto di imbrogliare e di
mentire anche dopo, a cose fatte, perché un gonzo è come un
diamante, è per sempre. E ho visto autentiche rapine in casa
mia, da banditi armi in pugno, che ci hanno distrutto i giorni,
li hanno dirottati nei buchi più profondi dell'inferno. Non furono
vizi oppure errori, non fu avidità e malizia: fu l'ingenuità dei
poveri, che non hanno anticorpi, che non hanno rimedi, si fanno
sempre commuovere e non possiedono la rabbia per vendicarsi, Ho
vissuto situazioni di un tale sconforto che non bastano parole a
raccontarle. Ho sperimentato il disprezzo della povertà, le occhiate
colme di ironia, la solitudine che ti rende appestato, la voglia di
farla finita ogni mattina alzato dal letto (anzi, dal divano) e ogni
sera tornandoci: intorno solo niente, alberi e urla di vento e zombi
per i viali inutili, pronti a divorarti se li incontri. Così ho
vissuto una vita di ciotola e il resto è stato ugualmente duro
perché non ci si lava via la disperazione con una doccia, perché
gli effetti della rovina permangono. Ho cercato di costringere
l'indicibile in un libro per non parlarne più. Ma non sono mai
andato in televisione a lamentarmi, a protestare, a mendicare aiuto.
Da chi, poi? Dal pubblico? Dai telespettatori del pomeriggio e della
sera? Dal presidente del Consiglio o dal papa? No, non ci sono mai
andato, del resto nessuno mi avrebbe mai chiamato; avrei rinunciato
comunque, perché c'è qualcosa di peggio dell'ombra del ponte ed è
l'ombra della dignità che hai consumato, e che non torna. Non li
capisco, mi sembrano di un'altra specie quelli che vanno a piangere
in un teatro di falsità pretendendo che siano tutti ad ascoltare,
tutti a medicare le loro miserie di ricchi perduti.
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