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NELL'IMMOBILITA' DEI CALENDARI


Nell'immobilità dei calendari è cambiato il mio rapporto con voi, che non so mai se ci siete ma mi piace crederlo, pensarlo. Giorno dopo giorno, anno dopo anno il mio egoismo si è dilatato, sempre più nella bottiglia che lancio sto io stesso con le ammissioni, le disperazioni e mi accorgo che è questo che aspettate per sentirvi meno soli. Io non sono un vincente e non ho un pubblico di vincenti; se ce l'ho, la mia piccola platea è fatta di sconfitti che si ammettono, gente che ogni giorno ricomincia da capo e va a dormire senza essersi conquistata. La vita è così, la vita è anche questo, a certi perdona tutto, ad altri non fa sconti. Voi sapete che capisco, io so bene che capite. Nell'immobilità dei calendari abbiamo imparato a mettere da parte le questioni secondarie, la politica, perché il mondo non è politica, non è lo spettacolo dei potenti ma un mare che abbiamo dentro, è il brivido del freddo della solitudine, è l'ammissione di un'altra estate inutile. No, io non sono vincente in un circo di vincenti ma non conosco nessuno che abbia lo stesso rapporto con voi, la parte esterna di me. E i segnali che vi mando, che più violenti mi tornano, li ho tutti dentro me anche se non sempre posso raccontarli: sarebbe darvi in pasto ma voi per me non siete cibo, io non sono il vostro cannibale. Sono uno che raccontandosi vi racconta, racconta voi, uno che non illude e non nasconde e sa di dover fare questo, sa che questo ci si aspetta da lui. Non ho badato a spese per tenere in piedi questo gioco, scrivendo, con gli incontri, con gli spettacoli finché ho potuto. Quelle notti fragili e devastanti! Quante volte mi avete visto piangere, sfasciarmi senza ritegno ed era per voi, era il mio piccolo mare che si sublimava, si esaltava affidandosi. Mi accorsi allora che i momenti più attesi erano sempre gli stessi, i più sanguinosi, quelli senza uscita. Nell'immobilità dei calendari siamo cresciuti, ci siamo persi quando rischiavamo di volerci troppo bene e questo brucia sempre a qualcuno, più d'uno, c'è sempre la nullità che alimenta le fiamme dell'invidia. Rischiavamo di diventare troppo forti, troppo pericolosi, e si sono dati da fare. Ma piano piano vi ho ritrovati e nel frattempo eravamo cambiati. Le parole erano cambiate. Ancora più sincere, ancora più pietose nella loro spietatezza. Così che altri sono inciampati in quelle parole sempre meno diplomatiche e hanno deciso che potevano fermarsi, almeno un po'. Non lo so se ci siete, se c'è un “voi” per la mia fatica, ma non mi rassegno ancora perché non so fare altro: esserci, è ancora tutto ciò che voglio. Oggi è più facile e più gravoso, nell'immobilità dei calendari io porto con me ogni conato di felicità e ogni vortice di angoscia perché è tutto quello che mi rimane, che mi tiene insieme, mi fa guardare fuori dalla finestra. Sì, ogni incontro io porto con me, ogni volto solcato di attesa perché di quelli sono fatto e nell'immobilità dei calendari ho imparato a custodirli, a meritarli. 

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