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BOOMERANG DI FANGO


Scrive Giorgio Bocca nel suo ultimo libro “Grazie No”, uscito postumo a inizio 2012, che “Per capire la vocazione al suicidio del capitalismo maturo basta leggere la spiegazione che il direttore di “Chi” ha voluto dare al licenziamento di due collaboratori (…): 'Con molta pazienza ho ricordato alle due collaboratrici che la loro insistenza a occuparsi di problemi veri, di non facile soluzione, preoccupanti per le persone reali, da affrontare seriamente perché non risolvibili con le chiacchiere o con i desideri, andava contro l'ufficio vendite del giornale. Le avevo avvertite che la crescita delle vendite non è affidata alla discussione dei problemi veri ma alla fabbrica dei sogni e dei desideri delle lettrici'”. Bocca magari si sbagliava, il capitalismo straccione che campa, come dice il mio amico marchese Fulvio Abbate, “sulle ragadi vip” non è mai andato così bene, però ha di fatto fagocitato l'informazione seria, politica, culturale, scientifica e prima fra tutte giudiziaria. Inciampando ogni tanto nei propri deliri di onnipotenza. Tre gossippari stanno nelle “bollenti pane” di un processetto per presunti spionaggi e simonie di buchi del culo, ed escono indiscrezioni su quanto si credevano furbi. Ma non è il processo che conta, non sono le attitudini informatiche o soltanto voyeuristiche dei tre, è il disvelamento dell'inconsistenza markettara, un “giornalismo tampax”, ancora Abbate, sul quale campa la pseudoinformazione da capitalismo suicida di Bocca. Suicida nel senso che si mangia da solo. Quella delle Lucarelli, Soncini, Neri è la Nemesi perfetta, da spioni a spiati. Con loro che si martirizzano, scomodano gomblotti e macchine del fango che nelle loro bocche suonano ridicoli così come suonano patetiche le difese d'ufficio degli zelanti, magari storditi dal moralismo fumé del direttore del “Fatto” Marco Travaglio, artefice di uno scandalismo giudiziario molto fortunato, anche se oggi in declino, che una volta tanto ha finito gli anatemi e lascia la presunzione di colpevolezza per quella di innocenza: la blogger-gossip Lucarelli, appena strappata al concorrente “Libero”, “continua a scrivere per noi anche se indagata”. Slurp! Travaglio scivola sulla materia che impasta da venticinque anni, la sua penna principessa non è indagata ma imputata il che per il Fatto usualmente vale la condanna senza appello. Ma lui non può andare oltre una frase di rappresentanza del giornalismo familista. No, non è poi questa gran conferma il “capitalismo suicida” dell'informazione come una sottile linea rossa che unisce il direttore di Chi a quello di Libero a quello del Fatto.

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