Qui si è perso il senso
della logica. Chi si esalta per la fine di un ragazzino di vent'anni
(ucciso da un coetaneo anche lui distrutto) non ha molte scusanti, ma
fare di Carlo Giuliani un eroe, un martire del risorgimento moderno,
una coscienza civile proprio non si può sentire, non sta in piedi
neanche con un miliardo di puntelli. Leggo che la collana di fumetti
militanti BeccoGiallo gli ha dedicato un libro e va bene, questa è
propaganda, serve a perpetuare falsi miti, chi legge trova
esattamente quello che cerca in una rassicurante estetica noglobal.
Banalizzazioni e distorsioni in forma di balloon. Ma se a distanza di
quasi 15 anni qualcuno mi spiega cosa ci fu di eroico nell'assaltare
una camionetta con un estintore a volto coperto, gliene sarò grato.
Possibilmente con un minimo di raziocinio, non per slogan deliranti.
Alcune cose vanno messe in chiaro: una sta nella curiosa attitudine
nazionale a mettere un ex capo della Polizia in cima a un carrozzone
industriale statale, a prescindere dalle polemiche infurianti;
l'altra, sempre accantonando per un attimo le brutalità perpetrate
nella scuola, è che a parere perfino più grave fu l'incapacità
conclamata della sicurezza nazionale a gestire una situazione
difficile, emergenziale, piena di esaltati, non pochi dei quali,
concediamolo, anche ambigui, in un contesto letteralmente esplosivo:
ma un corpo di polizia non può cavarsela spazzando via tutto,
indiscriminatamente, e chi ancora oggi difende quella situazione
davvero dovrebbe mettersi di fronte a uno specchio. Andrebbe pure
ricordato che chi soffiò sul fuoco di quel gran casino ha fatto
carriera politica o è lì che perennemente cerca di farsela.
Dovrebbero essere i primi a rendere conto delle loro azioni, per
avere spinto tanti incoscienti al macello, e invece stanno incistati
in quei gangli statali che sostenevano di voler distruggere. Un nome
per tutti, quello di Francesco Caruso, già parlamentare e oggi
addirittura docente universitario dall'imbarazzante curriculum.
Perché i fumettari militanti non fanno un numero anche su questi
parassiti e magari non si chiedono se c'è un nesso tra la morte del
“ragazzo” e quei pifferi maligni? L'ultima faccenda è un
corollario e sarebbe che questa Europa ad alto tasso di paternalismo
a me non piace. Perché l'Europa unita doveva sorgere per tutt'altre
ragioni che il perfettismo, il moralismo con cui conformare interi
popoli ad un progetto burocratico. Il sovrastato etico proprio non lo
accetto, non mi va che sia una congrega di funzionari, in toga o in
grisaglia, a stabilire le linee di condotta del mio Paese, il mio
modo di comportarmi, di pensare, di stabilire priorità, di
sacrificare il mio individualismo. Perché questa Europa unicamente
monetaria, che però dà voti e patenti su tutt'altro, si allarga dai
forni a legna alle torture passando per il mercato, la concorrenza,
il welfare e noi siamo sempre più disposti a conferirle qualsiasi
attribuzione di coscienza e, dunque, di responsabilità: collettiva e
personale.
Detto questo, a me pare
che Genova, Giuliani, la Diaz, i celerini e
il resto della storiaccia servano ancora oggi come pretesto per
giustificare ogni escandescenza. Ogni volta che una città viene
messa a ferro e fuoco, si sbandiera Genova per giustificare le
devastazioni. Ogni volta che un coglione cerca di arrostire una
camionetta, si scomoda il fantasma di Carlo Giuliani “ragazzo”.
Sarebbe anche da sapere cosa era, come viveva quello sbandato per le
stradine di Genova, ma su questo io, che qualcosa pure
raccolsi, preferisco lasciar perdere. Ho intervistato per primo la sorella Elena,
e il suo dolore mi turbò profondamente. Ho incontrato la madre,
Heidi, l'ho sentita concionare di comunismo e rivoluzione e
anticapitalismo e lotta a oltranza, poi, dietro le quinte dello
spettacolino, l'ho abbracciata e l'ho tenuta stretta quando mi ha
detto con due occhi che non si possono spiegare “Io lo so che la
mia vita è finita”: e chissà se in quel rimpianto non ci fosse
anche una misura di rimorso. Non lo so, mi è parso, magari mi
sbaglio, ma quel momento non lo dimenticherò e se dopo 14 anni
questo adolescente sventato e sfortunato venisse lasciato in pace sia
dai cinici che dai diversamente cinici, non sarebbe poi male.
Due cose molto significative: l'ultima parte, toccante , la sorella e la madre. Perché poi, alla fine, è morto un ragazzo.
RispondiEliminaE poi l' accenno a De Gennaro. In effetti, quando ho visto il titolo dell' altro articolo "Piedone lo sbirro", avrei giurato si parlasse di lui
E' andato incontro alla morte un ragazzo, forse è più esatto
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