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PRIGIONI


Sono giovane, dev'esser fine estate. M'aggiro per la casa di mio padre un deserto dopo l'altro, la polvere in controluce ricopre ogni mancanza. Eppure sua sorella ha cucinato, si sente un forte odore di brodetto. Siamo gli unici fantasmi vivi nella desolazione. Divago cercando, non reggo l'angoscia di mio padre, quel limbo che annuncia la tragedia e l'attesa è vento gelido che ustiona la nudità. La macchina è pronta... Adesso sono in tram, panche tutte per me, arranca inesorabile nell'imbuto di sole, sterpaglie sui binari piantate in un finisterre di periferia. Qui forse ci venivo per mano a mia madre barcollando il futuro, adesso mi ripeto è finita, finita, finita... Sono nell'inchiostro di un dolore di schiena, sento il respiro di mia moglie ma il mio non viene su. C'è il gatto che raspa dietro la porta. Mi alzo, gli do da mangiare. Chiaro è che non potrò dimenticare. È troppo tardi per dimenticare.

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