La storia del pakistano Shahzad ucciso a freddo nel quartiere romano di Tor Pignattara un mese fa era orrenda e resta orrenda al limite del grottesco. Pasolinismo senza Pasolini, senza neanche una immagine di questo povero Cristo di 50 chili, con un figlio mai visto in patria, qui da quattro anni, che camminava recitando il Corano dopo un lutto recente, cosa non gradita al ragazzotto Daniel, che almeno il nome evada dall'infero borgataro senza tempo. La plebe, compatta a difesa del diciassettenne assassino, addusse la provocazione, l'ubriachezza molesta, ma i primi riscontri, tra i quali l'autopsia, hanno confermato che il pakistano non beveva, pregava, non infastidiva nessuno e il balordo colpì ripetutamente per uccidere, incitato dal padre. Almeno secondo sporadiche testimonianze raccolte dai carabinieri ma già in odor di pentitismo, perché a Tor Pignattara non si scherza. Adesso l'omicida diventa carne per don Mazzi e il padre è indagato per dolo eventuale, ma perché non anche il resto della plebe torpignattara, per falsa testimonianza collettiva e intralcio alla giustizia? Ma finirà in niente, la borgata difende la sua ferocia e il resto lo disperde, riassorbita dalle sue miserie quotidiane, il pakistano Shahzad è già polvere di ricordo che si disperde nell'aria pesante di una borgata, introvabile persino una foto su internet, nessuno ne parla più, anche la feccia dei centri sociali, fra terzo mondo e plebe, sceglie la plebe. Hanno chiesto a una del rione: perché non c'è memoria per questa vittima? Lei ha tirato dritto.
Ti leggo sempre e commento solo oggi per dirti che non smetti mai di toccarmi dentro. Al di là delle storie che tratti, è il come le scrivi che mi spinge a tornare sempre su questo blog. Un grazie commosso.
RispondiEliminaandrea