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SINFONIA BANALE


Cosa ci faccio immobile qui su questo letto, nudo come un bambino a fissare il lampadario che oscilla e che da piccolo mi angosciava, la trasgressione alla legge della fisica che travolge ogni certezza, ti consegna al disastro. Cosa ci faccio qui cullato dalla brezza che dalla finestra soffia, sembra arrivare assurda dalla distesa di luce infuocata che fuori ricopre tutto e mi sento estraneo all'aria che mi avvolge, corpo rigettato da un pianeta non mio, dove immobile m'agito da una vita e vorrei strapparmi la pelle, capire se c'è una pelle dell'anima da cui evadere. Cosa ci faccio qui steso a cinquant'anni, cadavere vivente d'agosto, atteso da nessuna sorpresa, solo l'impegno ad essere il meno disperato possibile, almeno in questi finti giorni di ferie. Passa un altro suicidio, rutilante, famoso e lo capisco e insieme mi lascia raffreddato, non lo so più inseguire, non me ne impregno oltre. Cosa ci faccio in questo silenzio pomeridiano, rotto da versi di uccelli, da un altro silenzio, agitato e ignoto, come uno specchio che frantuma uno specchio, e i rintocchi della casa sono una sinfonia banale, rassicurante, che per poco m'angoscia. Tace la vita, zitta, muta come muto è il sole, un silenzio tombale, normale poi il gatto miagola mia moglie ci scherza e tutto cade in pezzi, l'unica quiete che resta è quella del lampadario: leggero ondeggia, sornione. Anche il telefono chiama, fischio d'uccello meccanico, gioviale importuno volgare messaggio di qualcuno che non sospetterò, questa febbre d'avere migliaia d'amici sconosciuti della quale un giorno rideremo, solo a poterle sopravvivere. Fuori la luce ha ucciso tutto, d'inverno io sogno questo, una distesa di luce torrida, nella quale arrendermi, farne un alibi, adesso m'accorgo ch'è più morta ancora la vita, essiccata anziché ibernata, forse è solo la pioggia, è lei che respira davvero, la pioggia è un velo che oscilla, una bandiera di lacrime, l'avvisaglia di qualcosa che verrà o non verrà ma non questa definizione che sta nell'arso e nel ghiaccio, nel bianco della luce che è uguale al bianco del buio. Di sfondo il mare è una montagna sdraiata, la sua possenza ottusa e compatta mi prescinde, mi spinge a domandarmi cosa ci faccio qui, corpo animale su un giaciglio sfatto.

Commenti

  1. È l'estate che ci obbliga ad essere felici a renderci più tristi

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