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LA VERIFICA DEI FATTI


Capita a volte che qualcuno non si riconosca, cioè si riconosca troppo, in qualche cronaca e allora spedisca commenti inveleniti: niente paura, è l'occasione giusta per mettere in chiaro che il liceo è remoto, i banchi lontani, la crocerossina in pensione e forse è il caso di spezzare le catene di Jacob Marley una volta per tutte. Perché erano catene, quell'età gioiosa per quanto mi riguarda non fu mai. Non sono mai stato felice, non ho mai sfiorato la felicità, neanche in quel cazzo di liceo dove, tutt'al più, mi sforzavo d'illudermi come solo un ragazzo disperato può fare. Zavorrato da un paio di nomignoli che offuscarono ogni giorno di quei cinque anni, il primo era fisiologico e lo accolsi con rassegnazione, la pinna cresciuta al posto del naso non poteva scamparmi il soprannome di “Picchio” col contorno di variazioni sul tema, rifiuti dalle ragazze, caricature volanti. Insicurezza genera insicurezza e non ne uscivo, ma l'altra lettera scarlatta era molto più crudele: “il Terrone” non suonava spregevole tanto verso mio padre, le mie radici e quello che ero, metteva anzitutto in chiaro, una volta per sempre, che io non ero parte di quella koiné di figli della borghesia meneghina che a me sembravano tutti troppo simili: come facevano a non capire che ogni meticciato ha dentro il mondo, e lo libera in migliaia di sfumature? Ma la koiné è sempre protetta da invalicabili mura di pregiudizi e anche di questo dovetti farmi una ragione. E mi sentivo un po' il reietto di “Gente per bene gente per male” di Lucio Battisti, che alla fine fa amicizia con una puttana, l'unica che non lo rifiuta. Però aspettavo la verifica dei fatti. Il destino, poi, si è divertito parecchio con me, per esempio riconsegnandomi presto a quelle stesse radici (dove immediatamente riscontrai l'identico atteggiamento: sono trent'anni che il cretino di turno mi scruta sospettoso, “Tu però non sei di queste parti”, basta, non ne posso più, l'Italia è un mosaico di campanili ottusi). La cosa fu vista come la conferma del karma, il terrone è tornato in terronia, le circostanze poi non interessavano a nessuno anche se furono tragiche. Ero colpevole d'aver lasciato Milano, la terra promessa, come se avessi avuto un'ombra di scelta ma nessuno mi stese un dito per tornarci ed io a nessuno chiesi mai niente; solo d'essere dimenticato mentre cercavo di costruirmi un presente. Invece, a turno, erano i vecchi compagni a farsi vivi, qualcuno mi apostrofò anche: guarda come ti conci, tu non potresti mai lavorare nel mio ufficio. Ancora la vecchia storia, sia pure in chiave sartoriale. Ma adesso affiorava uno sfondo di rimpianto quasi, se non d'invidia per la mia vita senza certezze e senza divise. Ed io sempre ad aspettare la verifica dei fatti. Quella mia città io l'ho rimpianta tanto, e un po' per le occasioni che nel lavoro che mi ero scelto avrebbe forse potuto propormi, e molto perché ci ero nato, anche se quel luogo era sempre meno reale e sempre più della mente. Invece quei compagni, pura razza longobarda, mi mancavano sempre meno col loro compatimento imbecille, e mi mancano ancora meno adesso, da maturi borghesi decaduti aggrappati all'ultimo capriccio, sorta di Zeno Cosini rimosso dai loro studi. Io invece non ho rimosso niente, casomai ho imparato qualcosa: ginnasiale scottato dal razzismo biologico, non ho mai rifiutato nessuno, mai negato la mia presenza a chi me la chiedeva, non c'è uno al mondo che possa venire qui e dirmi in faccia tu non c'eri, tu ti sei nascosto al mio bisogno. Non uno a cominciare da chi obiettava sulle mie magliette e le mie origini. Però ho capito anche che, la maggior parte delle volte, i drammi non sono drammi: sono farse, sono pretesti ed io non ho nessuna voglia di accollarmeli. Non più. Non in nome di vecchi banchi di scuola sui quali non intendo salire come zattere della memoria o far salire come relitti di amicizia. Non ne vale la pena e ne accuso ricevuta quando piccati non mancate di ricordarmi il mio scarso seguito, che preoccupa solo voi, i miei “venticinque lettori”, nascondendovi dietro Manzoni; Guareschi era ancora più umile, ventitré, e per quanto mi riguarda posso perderne ancora un paio, c'è nessunissimo problema. Se poi mi dite che non mi riconoscete più, allora vuol proprio dire che la terronia mi ha fatto bene. Che volete adesso da me, ex compagni impasticcati? Io sono solo un povero Terrone, e non potrò spiegarvi questo strano prodigio per cui ogni tanto salta fuori uno che mi informa, quello che scrivi mi aiuta a tirare avanti, trasformando quello straccio di coraggio in una bandiera.

Commenti

  1. Come ho detto una volta, credo che gli scritti di contenuto personale, intimo, come questo, non debbano essere commentati. Faccio parziale eccezione questa volta per dire che:
    a) non capisco bene come si faccia a misurare se Del Papa abbia molti o pochi lettori ;
    b) personalmente trovo che Del Papa scriva molte volte ( non sempre ) cose interessanti , le scriva spesso bene e a volte straordinariamente bene;
    c ) in genere non sono d' accordo con quello che scrive Del Papa ( iperbole, in realtà è "qualche volta non sono d' accordo" ), cosa che trovo ottima per stimolare la riflessione . Mi spiace solo che qualche volta mi abbia letteralmente insultato in qualche risposta, e non ce ne era nessuna ragione ;
    d) sono convintissimo che moltissimi giornalisti noti siano peggio di Del Papa ;
    e) suppongo che andrei avanti anche senza Del Papa, però mi fa molto piacere leggerlo l mattino, mi fa compagnia, e se non ci fosse mi mancherebbe.
    In bocca al lupo, terrone

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    1. Che possa averti mandato affanculo, chiunque tu sia, è possibile se non probabile, che sia successo senza ragione o almeno provocazione, mi pare più difficile. Comunque grazie, anche per la persistenza.

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  2. Anche io fui terrone al nord (lavoro)...per dieci anni......Con molto meno problemi che può aver avuto un bambino...Ma il disprezzo per chi esclude ed emargina mi è rimasto dentro...Le ricordo le battute del cazzo....i luoghi comuni.(non da parte di tutti...ma di molti) ...eppoi doversi sentire stranieri nel proprio paese...
    Non hai perso una cippa Max...
    Davide

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