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RIDATECI UIBEUI' - Abolite Dossena (sesta puntata)

Impressioni televisive. L'Europa unita ci ha allontanato, reso più reattivi ai nazionalismi, però ci sono dati di fatto che vanno oltre qualsiasi sciovinismo: i francesci hanno sempre un broncio da stronzi. L'esordio della rivoluzionaria “gol tecnology” si risolve in una figuraccia che eccita il pubblico, perché queste tecnologie infallibili, applicate a una scienza inesatta come il calcio, regolarmente sbagliano: un gol non è questione di millimetri, o è evidente e allora basta l'arbirtro (possibilmente non giapponese), oppure è discutibile e in questo caso non si dà e allora basta il buon senso. La “gol tecnology” invece se ne lava le mani e poi le asciuga al cospetto di cinquanta o centomila spettatori divisi da tifo, nazionalismo, magari questioni geopolitiche: questo non è più sport. Veniamo alle cose serie.
Marino Bartoletti, l'eterno aspirante (alla poltrona di RaiSport) col baffo insinuante, ricorda sempre più un personaggio di Gian Burrasca. Tipo lo spasimante confidenziale col vocione profondo, i modi affettati, la bonarietà studiata, che poi, magari, esce in strada, pesta una... e allora gli tracima il peggio dell'animo umano. Steefaaanoo Biizzooottooo!, coi suoi canti orrorifici, con quelle scalmane in fregola, trasformerebbe un monaco zen in un giustiziere (urge un Rimedio vecchia scuola, anzi è già pronto). Il sito della Rai è una scommessa pascaliana: ci vai a cercare le trasmissioni, particolarmente quelle dei Mondiali (perché, si sa, Sky segue tutto, la Rai il minimo sindacale, e a noi ci trattano come canoni), e ti perdi in una foresta di gossip, notizie inutili, repliche, banner pubblicitari, una gran confusione anonima, un non-sito, un non-luogo che avrebbe bisogno di un perché, un restyling e una personalità: così serve a niente. La sigla di Mina è insulsa, ma cosa le è venuto in mente, Benedetta donna, ma perché da anni la Mina vagante si sta battendo per bombardare a tradimento il suo sconfinato talento? La marea di luoghi comuni, di frasi fatte, dentro e intorno alle telecronache e ai servizi (di stampo cinegiornali Luce): l'Italia tuttacuore, il trionfo della volontà, la partita epica, l'Italia dei miracoli, la stampella oltre l'ostacolo (per fortuna non il Prandelli), l'Italia che sa soffrire, l'Italia umile e operosa, l'Italia corsara, e ora rotta per “la” Costa Rica, SuperMario senza paura, Pirlo architetto divino, e qui affiorava un sospetto di massoneria. Mancava solo che qualcuno, di fronte alle incertezze der Paletta, dicesse che era roba da strapparsi i capelli. Quanto alla Spagna, si capisce, è la fine di un ciclo, ma anche no, mentre l'arbitro giapponese ha fornito l'aiutino ai furbetti del Brasile. Dulcis in fundo, la colonna del commento, Beppe Dossena. Uno che, a 8 e dico otto secondi dal fischio d'inizio, se ne esce: “Questo, deve fare l'Italia”, merita una e una notte perenne, ovvero una e una sola cosa: l'abolizione. Senza se e senza ma.

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