Pomeriggio cubista di
polvere nel sole. Strada trafficante, ambigua rumorosa. Bagliori di
sole contro botteghe in fila, rimbalzano negli occhi sapore di smog
in bocca e scopri che ti piace, ti fa sentire vivo, vibrazione
d'attesa nel frastuono a concerto. Appena sottocasa, fuori e dentro
qualcosa, un quartiere che abbraccia, una via che è la tua:
riconosci tutto, ogni vetrina e spigolo di quel piccolo mondo,
niente per te è segreto eppure in controluce tutto trafigge adesso.
Tutto ti tramortisce. Accecato tu sei, per questo vedi meglio.
Inaudito lo senti, inedito ti riscopri e non sapresti dirlo ma sai
che questo Nirvana nel caos t'entra nel sangue, lo ricorderai sempre,
un giorno fra quarant'anni e cento vite lo avrai, esce fuori da un
sogno, ecco sarai lì a scriverne. Pomeriggio drogato di polvere di
sole, momento che hai da fare, devi insomma rientrare ma ci resti
intontito e assapori l'effetto, sei pianta di carne nell'Eden
d'asfalto, sei parte del mondo, sagoma del presepe, ti guardi da
fuori ti vedi nel vetro e più in alto le case e più in fondo le
scarpe e gli oggetti sul banco e i balconi nel sole e tua madre
dietro uno e le macchine in corsa e l'arancio del tram e le piante
per tetto ed il tempo che scorre e le cose da fare e il profumo a
colori di tante riviste trapassa anche il chiosco che esplode di
fiori e c'è un attimo solo, un attimo giusto che il giorno si rompe,
non più pomeriggio, non ancora sera, la luce s'incrina, s'accende il
quartiere di lampade, fari, si cambia la veste e presto si spoglia di
fretta, di passi, di volti convulsi, si spalma di echi, di una
primavera con niente da fare, ma ascolti l'ossigeno adesso dai tigli,
ascolti che parlano appena scuotendo le frasche e si dicono calma, un
giorno in più è andato; dov'era la jungla c'è una cittadella, puoi
perderti ovunque contando le stelle, nel cielo un aereo lampeggia di
coda, la scia che ti lascia è quasi la vita.
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