Ha
avuto fortuna esagerata l'intuizione del protagonista del film La
Grande Bellezza, il Gambardella che dice, più o meno, d'aver
scoperto a una certa età che non deve perdere tempo a far cose che
non si sente di fare. Complimenti. Se trasporto la faccenda sul
personale, mi accorgo d'esserci arrivato in anticipo: a cinquant'anni
quasi suonati, per esempio, mi sono sgravato del problema di cosa
mettermi. Se non hai un soldo in tasca e tre vestiti nell'armadio,
far quadrare lo specchio è una missione impossibile, qualsiasi
straccio ti butti addosso resterai sempre uno stracciarolo. Fino a
ieri m'incazzavo, ma possibile mai qualcosa di decente? E me la
prendevo di più vedendo, per esempio ai concerti, i fighetti che
vestivano finto povero, oggi ribattezzao vintage. Costosissimo, tutti
gli accessori rigorosamente sciupati al posto giusto, il calzino in
armonica disarmonia e via dicendo. Una rabbia. Stronzi. Poi, di
colpo, l'illuminazione: chi se ne frega. Arrivare, a Dio piacendo, a
50 anni significa, in fondo, proprio questo: non perdere tempo a
cercare quel che non c'è, non farsi incantare più dai finti tutto,
finti pazzi, finti sopra le righe, gente che posa, che esagera per
mestiere. Da giovane vuoi o non vuoi, ti confondono. Poi impari.
Basta un'occhiata e capisci: questo è un conformista di merda. E ne
ho visti tanti, e ho imparato che basta poco a destabilizzarli, 'sti
bigottoni en travesti. Adesso, sarà pure un
fatto di mezza età, anche se credo piuttosto di cose successe
soprattutto negli ultimi tempi, di “mari di dentro” che si sono
mossi, ho bisogno di reagire, e non so se ce la farò: ora sono
troppo calmo, fin troppo morbido. Sarà anche che non ho più voglia
di tutta quella rabbia covata per gran parte della mia vita. Ma non
ho mai benedetto tanto la mia normalità. Che a volte, senza volerlo,
si ribalta nel suo contrario: una normale anomalia. Adesso sento
addosso il peso di chi sono e non sono stato, delle battaglie eluse
per viltà, di quelle perse ma comunque combattute. Sono la
risultante di me stesso. Niente per cui esaltarmi, ma sono ancora qui
e non è stata facile questa strada. Non facile. E allora apro
l'armadio e letteralmente mi butto addosso la prima cosa che pesco, tanto son sempre quelle tre, come nelle lotterie dei poveri:
addirittura, ne è sbucato un golfino, bianco, di cotone, a V: forse
il mio primo acquisto da maggiorenne, a Milano, esitato a lungo
“perché è in una boutique”: lo comperai spogliando un manichino
che l'abbinava a una polo a righine sul blu, persa chissà quando
chissà dove ma la maglia è ancora qui, trentadue primavere, dieci
traslochi e non so quante vite dopo. La indosso proprio oggi; per
dispetto ci metto sopra un giubbotto di jeans che è tutto uno
strappo, me lo comprò mia madre nel 1990, dico millenovecentonovanta
e mi servì pure come, uhm, plaid in qualche convegno notturno ai
tempi del servizio civile. Insomma, io vesto la mia storia (se qualche stilista è interessato, possiamo discutere quanto vale il copyright).
Magari esco che sembro Re Carnevale, ma non mi sono mai
sentito più a mio agio. Pare che da qualche parte si chiami “cool”,
io ho solo bisogno di dimenticarmi di tutto fuorché esistere.
aprire l'armadio non è un problema d'abbigliamento: vecchio o nuovo bello o brutto. Quando si aprono i cassetti alla soglia dei 50 si aprono i cassetti della memoria caro amico mio, quelli dei ricordi, della vita. E sempre il solito dilemma che ci frega : presto o tardi, l'inquietudine di progredire, le cose che si trasformano e se ti volti indietro già non le vedi. Tu sei bravo a saperle cogliere e a metterle in fila con le parole. L'impegno per me? cose meno cervellotiche, più tempo per me stessa, per quello che mi piace fare. Sarò "cool"? Non m'importa
RispondiEliminaviviamo in un mondo assurdo...si arriva a mezz'età e ci si sente messi fuori gioco, eppure abbiamo ancora tante energie da spendere e abbiamo quella capacità di capire le cose che in gioventù non esiste....la vita si è allungata ma per il mondo del lavoro si è in un certo senso considerati vecchi, sul viale del tramonto, salvo poi sentirsi dire che si deve lavorare fino a 70 anni....e i giovani poi di fatto non lavorano o lavorano a intermittenza.... ha senso tutto questo ? giovani privi sbocchi e prospettive, uomini maturi ritenuti vecchi ed espulsi dal lavoro, età del ritiro sempre più in là....è come una sorta di processo autodistruzione oramai innescato e impossibile da fermare....siamo su una giostra impazzita, una giostra delle follia....
RispondiEliminaAriberto
L'ultimo "capo" l'ho comprato 3 anni fa,un paio di pantaloni di fustagno comprati al supermarket per 16 euro,per me troppo cari,solo perche mia moglie s'è incazzata perche non avevo letteralmente più calzoni da mettermi,solo tute da lavoro.Io mi sarei messo anche quelle . ma poi ,sempre mia moglie,mi ha detto che sarei passato per
RispondiEliminaesibizionista.Ed il bello è che mio fratello.buon lavoro e molta cura nel vestirsi e pettinarsi,mi ha anche detto che erano molto belli. Per il resto nel mio armadio non ho più niente di mio,cioè comprato e scelto da me,ma solo roba,anche bella,scartata dal suddetto fratello,cose che per me sono anche fin troppo belle e poco mi ci vedo ad indossarle.Questo inverno l'ho fatto con 2 paia di calzoni e due maglioni , ma va benissimo così , mai stato meglio.
Piuttosto sono altre le cose che mancano,sicurezza nel lavoro e giorni un pò più spensierati.
Mi sto proprio scialando con i due ebook, quello sul caso Tortora è una bomba. Grazie.
RispondiEliminaMichele