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NESSUNO TOCCHI PAOLINI


Dove abbiamo sbagliato con Gabriele Paolini? Poiché non c'è dubbio che la colpa sia di tutti, che tutti dobbiamo fare i conti col dramma di questo ragazzo che per anni ha mandato un grido non raccolto come implorava. Le sue provocazioni erano forse bisogno d'amore? La collana di preservativi che sfoggiava nelle dirette una metafora per dirci che si sentiva insaccato, imprigionato in una società dei consumi spietata e senza uscita? Le intemperanze alle spalle dei telecronisti un disperato segnale, un voler gridare che c'era anche lui, che aveva una sua storia, un ruolo personale e politico da ribadire? Siamo tutti complici nel dramma di Gabriele, rimasto segnato dall'intolleranza di Paolo Frajese: ed è certo che quella selva di calci nel culo l'abbia bloccato, inchiodato ad una fase anale da cui cercava disperatamente di liberarsi proponendo a fanciulli volonterosi: “Se ti fai pigliare da dietro ti do 45 euro”. Chiamava, Paolini, e noi zitti. Sordi e indifferenti. Si spogliava, figura martirologica incompresa, Ghandi della polemica, non violento che non si rassegnava alle continue violenze patite; denunziava la piaga della pedofilia, e proprio quel suo non essere preso sul serio deve infine avergli suscitato una soluzione drammatica e inevitabile: prendersi il fardello in prima persona, con l'ultima provocazione, la più estrema, la definitiva: vedete, avevo ragione, l'emergenza c'è, io ve lo dimostro. Paolini è la parte migliore di noi, perché la più vulnerabile e in fondo tenera, la più indifesa e sincera; egli è lo specchio nel quale rifiutiamo di vederci. Perché Paolini siamo tutti, ciascuno di noi è un po' Paolini. Dunque, nessuno tocchi Paolini. Gli dobbiamo le nostre scuse e la considerazione che gli abbiamo negato in tanti anni di faticoso lottare per non sparire, per affermare un se', per esistere. Assicuriamogli il futuro fin qui negato partendo da don Mazzi, e poi chissà. Lo aspettiamo fuori, questione di giorni se non di ore, e finalmente potrà coronare il suo sogno, passando dall'altra parte della telecamere. Non più dietro, davanti. Non reietto ma rettopinionista. Prima fermata, Porta a Porta, intervistato dalla Abate, la nuova fidanzata di capitan Schettino, quello che è riuscito a salvare l'intero trasporto della Costa Concordia, a parte 32 trascurabili affogati tra cui una bambina. Un'altra vittima, il Comandante. Ma lui almeno si difende come un leone, e la Rai lo celebra, nessuno lo scalcia. La gente ha capito. Invece Paolini non è stato capito perché non l'abbiamo capito e non l'abbiamo capito perché non lo capivamo. Ora, ciascuno si prenda la sua parte di responsabilità, considerando che è facile, oggi, scaricare su Paolini tutti i peccati di una nazione che c'è di peggio, perché il problema è benaltro. Ma Paolini assurge così all'eterno ruolo di capro espiatorio, emaciato e lacero, ossuto e capelluto, disposto all'abominio pur di riscattare la nostra indifferenza, rotolante nella polvere della nostra vanità e del nostro egoismo. E chi irride la tragedia di Paolini, cova in sé l'orrore di una disumanizzazione che parte da una temperie di completa avulsità sociale nel segno di politiche che portano avanti e ribadiscono la privatizzazione di tutto dai sentimenti alle energie rinnovabili, funzionali a un disegno del neocapitale delle merci da portare avanti con guerre di neocolonizzazione strisciante a tutto detrimento di una classe senza più catene da perdere ma neanche lucchetti. Paolini non carnefice, ma vittima, emblema di un riscatto mancato. Vendicatore di un giornalismo infantile. Accusatore di una classe politica impresentabile. Velo svelato sui compromessi di una televisione che, dietro l'apparenza infastidita, lo cercava, lo irretiva, lo seduceva, lo stuprava. Paolini totem e tabù. Paolini più distrutto di Pasolini. Paolini giudicato dal perbenismo immoralista. Paolini situazionista. Paolini che è nostro figlio, nostro padre, nostro fratello. Non ebbe una famiglia distratta, non una scuola ottusa, ma la sua famiglia era il mondo e la sua scuola la vita. Un mondo distratto, una vita agra, una vita di retrovia. Una retrovita. Per questo Paolini può essere oggi occasione di confronto e riscatto, di riflessione e rivoluzione morale e civile nell'ordine di una ritrovata consapevolezza oltre le logiche imperialiste del ripiegamento sociale. No alla guerra. No alla tav. No alla tavola calda e anche a quella fredda. No al neovaticanesimo portato avanti sotto mentite spoglie dal papa fintamente amico degli ultimi. Sì a Paolini e al suo poetico immaginario sessuale, al suo eterno edipico che ci propone una non più procrastinabile palingenesi le cui radici crescono a partire da un profondo “io” che si articola nel quotidiano vissuto ridefinito nel senso di una nuova etica condivisa.

Commenti

  1. Si.... ma metticelo " stavo a scherzà....è una provocazione".
    Io dico che qualcuno ti prende sul serio stavolta.
    E' perfetto come editoriale per un qualsiasi giornale dei prossimi giorni.
    p.s. secondo me Zero gli potrebbe dedicare pure una canzone
    Davide

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  2. Lo vedo bene come nuova icona pop per quelli del Fatto. Chi lo intervista? scanzi o la contessa?
    vit

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  3. La canzone è già stata fatta, gentile Davide, si chiama "Qualcuno mi renda l' anima ", è del '74, ed è un gran brano. La tua battuta, invece, è alquanto inopportuna e peregrina, e del tutto fuori luogo .
    Francesco

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    1. Fuori luogo non direi: Qualcuno mi renda l'anima parlava di tutt'altro, ed era di un altro Zero. Oggi non mi sentirei di escludere una messa cantata pro Paolini.

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  4. Le filippiche pro-Paolini già ci sono e questo dice come sia ridotto il senso estetico di tali "intellettuali" contro. La difesa di costui è per prima cosa un abominio estetico e tirare in ballo il valore dell'osceno peggiora soltanto la scontata e ritrita tesi.

    Nicola

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    1. "Siamo tutti Paolini", può essere inteso in senso sarcastico, ma anche no.

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  5. Già, può benissimo essere una constatazione neutrale data dalla semplice osservazione del panorama.

    Nicola

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  6. per poter comparire davanti alle telecamere(anche se di sbieco) di notiziari e poter avvivcinare vips e politici vuol dire che era parte dello stesso ambiente, anche se sull'ultimo gradino.
    insomma, che sia un disturbatore(anche se del cazzo) è una palla .

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  7. Paolini e' un'artista ed in quanto tale va' tutelato, capito e difeso , a prescindere;
    come un Polanski Roman qualunque.
    altrimenti dove sta' la Democrazia di massa?
    Vp

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  8. Magistrale, specie da "E chi irride la tragedia di Paolini [...]" in poi: una via di mezzo fra Vendola e il vecchio che spara cazzate all'assemblea nel film "Paz" ("collettivismo isterico", o una roba del genere :-)). E si cominciano a leggere articoli simili, ma, ahimè, seri.

    Giovanni Giustini

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  9. Avviso. Non verranno più pubblicati messaggi recanti la parola "Zero" (maiuscolo) nel testo. Mi sono rotto le palle.

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  10. Ma di uno così non dovrebbe fregarcene niente ?

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