Creare
lavoro in Italia è un errore imperdonabile, che porta al suicidio
Viene
a trovarmi un caro amico, sono anni che non ci vediamo e dal suo
racconto capisco perché. Si era buttato in un azzardo, aprire un
locale in tempi di Monti, di crisi ruggente, di impiccati. Non
l'avesse mai fatto. Armato di buona fede degna di miglior causa, si è
infilato nel suo personale incubo. Le centomila incombenze
burocratiche, ciascuna salatissima, perché è così che lo Stato si
mantiene, derubando i cittadini coi pretesti più fantasiosi. Le
mafie dei corsi, dal pronto soccorso alla sicurezza. La processione
degli ispettori che chiedono la tangente. Il personale che fa quello
che vuole e al minimo rimbrotto minaccia vertenze, azioni sindacali,
ritorsioni. L'affitto da usuraio, mentre il padrone dello stabile nel
contempo gli rubava la corrente, allacciata abusivamente ad altre
proprietà confinanti. E infine la gente, la cara amata gente,
arrogante, violenta, irragionevole. Diciotto mesi ha resistito questo
mio povero amico, e alla fine “tutto quello che volevo, era un
frontale così non ci pensavo più”. Si sta ancora leccando le
ferite, ma il suo carattere, buono, mite, è fatto anche di talento
di orgoglio e ne verrà fuori; ha una risorsa, la musica, e quella lo
salverà. Ma le cicatrici di un'esperienza, quelle non guariranno e
lo sa. “Io nutrivo convinzioni progressiste, ottimiste; ho capito
che per lo Stato chi intraprende è prima un ladro e poi un pollo da
spennare. Ce li hai tutti contro, e non hai mezzi per difenderti”.
La magistratura non sente, le forze dell'ordine, a chiamarle, si
mettono subito d'accordo con chi lo taglieggiava. Incubi fatti di
cliché, di luoghi comuni che però, a viverli tatuati sulla pelle,
diventano incubi ancora più fondi. Aveva anche dato fiducia ad un
cuoco preso, diciamo, tra le minoranze, di quelle che sui giornali si
leggono come discriminate, sfruttate, non valorizzate: gli avvelenava
la gente, gli ha perfino truccato un assegno. Quando il mio amico se
n'è accorto, quello gli ha sibilato: cazzi tuoi, a me nessuno mi
tocca. E aveva ragione, lo Stato rispetta il delinquente, il
pregiudicato ma chi riga dritto, chi crea lavoro, lo travolge; se poi
si è permesso pure di studiare, lo Stato farabutto diventa
moralista: proprio tu, un laureato, non puoi abbassarti a farti
giustizia da solo. Certo, ma se tu Stato non fai giustizia al posto
mio, cosa mi resta? Ed è precisamente per questo che la mafia
prospera, non è vero che la mafia alligna dove non c'è lo Stato, è
proprio dove sta lo Stato che trova terreno fertile. Il mio amico
oggi è, anche fisicamente, un uomo diverso: sorride poco, la sua
bocca ha preso una piega amara che non ricordavo, le sue parole si
sono fatte aspre e, a tratti, ancora sgomente. Dopo un anno, lo choc
non lo abbandona. Gli ho fatto notare, essendoci passato per parte di
padre, che comunque da domani sarà una persona segnata ma più
forte, più esperta, più attrezzata. Questo lui lo sa, ma non
s'azzarderà più a mettere su qualcosa in Italia, né a dar lavoro a
nessuno, né, tantomeno, a fidarsi neppure del Padreterno. Non sono
solo i cervelli che partono, la tragedia. Sono anche quelli che
restano, le volontà fiaccate, la consapevolezza che questo Paese,
questo Stato sono nemici che hanno ogni forza, che ti dicono: la tua
parola contro la mia, ma la tua vale niente, la mia può tutto.
Vorrei ripartire. Tornare a lavorare all'estero, un "estero" non poi così lontano. Londra.
RispondiEliminaMa C'è qualcosa che mi tira per la maglia, mi tiene ferma qui. La speranza? E in cosa?
Più mi impegno e lavoro e studio e più cercano "di più". Poi però assumono privilegiati, raccomandati, chi non ha mai lavorato e manco ha voglia di farlo.
Perché?!
Che fare?!
Perseverare? Lottare? Avere fiducia?
Per Sara.
RispondiEliminaLo scrupolo che ti fai è lodevole,anche se non ne conosco i veri motivi.
Per una nazione o popolo perdere cittadini volentorosi è sempre un male.
Parli di "ripartire",quindi l'hai già fatto
Sembrerebbe allora che il tuo dubbio sia più di natura etica piuttosto che di semplice convenienza,anche se una scelta del genere comporta sempre una certa dose di coraggio.
Ma se occorre coraggio per partire a volte ne occore altrettanto per restare
Specie se sei giovane e non vuoi stare sugli allori.
Auguri.
Grazie! Per l'incoraggiamento e le parole
EliminaI cervelli vanno all estero e qui restano i corpi. Restano famiglie mutilate, affetti precari e tante altre cose che non si possono esprimere . In bocca al lupo Sara!
RispondiEliminaCrepi il lupo!
EliminaGrazie