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QUANTO LONTANA E' LA MIA VITA


Mi sento tagliato fuori. Leggo che la Roma è in cima alla classifica, ha vinto tutte le partite e strapazzato il Napoli, e mi chiedo: ma dove siamo, negli anni Ottanta? D'accordo, sarò io che a un certo punto ho ammainato la bandiera (del Milan) e da un quarto di secolo non so più niente del campionato di calcio: ogni tanto vedo un calciatore e dico: ma questo non stava da un'altra parte? Oppure non lo conosco proprio. Ma è da queste cose che capisci quanto lontana è la tua vita. Ci ripensavo poco fa, in Vespa dentro una mattina fantastica, un'ottobrata magica e quella luce che mi riportava indietro quando col mio buon amico Eros a mezzogiorno partivamo per San Siro, che stava dall'altra parte di Milano e ci volevano due ore, e s'arrivava in uno stadio pieno di radioline, un coro mostruoso, cinquantamila radioline con la stessa voce. Andarci adesso, a San Siro, forse lo troveremmo chiuso, perché han giocato ieri sera. O magari giocano martedì. Che senso ha, oltre le logiche televisive, questo sbriciolare una liturgia come la domenica di calcio? E chi è che ha il tempo di andare alla partita, che ne so, di mercoldì pomeriggio o il giovedì sera? O anche solo di seguire le contorsioni di un torneo che non lascia tregua né a chi lo gioca, né a chi lo guarda? Diventa un lavoro a tempo pieno, beato chi può permetterselo. Poi mi spiegano che le radioline non usano più, adesso si controllano i risultati in tempo reale coi tweet nello smartphone. E la sera, ho appreso con un certo stupore, niente più rassegne dei gol di giornata perché non ho capito a chi li hanno venduti e così in Rai si parla di parole, si raccontano i racconti, si commentano i commenti e naturalmente si litiga, però sui fantasmi, un po' come quando da Santoro discutono delle feste di Berlusconi senza esserci mai andati. Una roba demenziale. Ho capito, il mondo va avanti, ma io non mi ci ritrovo, mi sa che son sopravvissuto anche troppo.  

Commenti

  1. La liturgia domenicale del calcio. Come il riposo domencale che per me,se non fai lavori particolari , deve essere rispettato.

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  2. Bellissimo seguire tutte le radiocronache di Tutto il calcio, immaginarti il gol in base alla descrizione della voce e poi scoprire a 90° minuto, puntualmente, che l'azione si era svolta in modo completamente diverso.
    Vit

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  3. la Roma a cui si fermano i miei ricordi è quella di Pruzzo, Turone, Di Bartolomei e Falcao, scudetto 82/83....te la ricordi pure tu ?

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  4. E che, non me la ricordo? Quelli buttavano via la Coppa dei Campioni e io, per poco, non buttavo via la Maturità...

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  5. quell'esame non poteva chiamarsi e non può chiamarsi nel modo più sbagliato...che cazzo di maturità si può avere a 18/19 anni !

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  6. io ho deciso di vivere senza internet, smartphone, tablet, chat, social network, fb, tweet e tutti gli altri cazzi che si sono inventati per farci sentire connessi e accorciare le distanze ma in realtà ridurci a dei cretini alienati e più isolati di un tempo e solo capaci di spendere in continuazione per cambiare telefono, per avere l'app da mettere sull'Ipad...fanculo.... a casa uso solo il telefono fisso, la radio e la tv, questa putroppo digitale con 1000 canali pieni di stronzate....
    U

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  7. non sono a casa...a casa si comunica come negli anni'80...

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  8. bellissima la foto di San Siro anni 70.
    una delle bellissime tante foto che testimoniano liturgie e momenti scomparsi per sempre,
    e se ho una certezza nella vita , be' : e' la consapevolezza che non torneranno mai piu'.
    oggi non ti e' permesso nemmeno una piccola ( grande )cosa come ascoltare tutte le partite alla radiolina , in contemporanea.
    Vp

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    1. Si, bellissima foto, e bello anche l' articolo ( come tutti quelli di Massimo che attingono alla memoria ). E concordo pienamente sul fatto che il calcio sia ( fosse ) anche rito e liturgia, che hanno ( "loro", i cattivi, Berlusconi ) violentato e desacralizzato. Una cosa sulla foto, però : il terreno di S. Siro ,che sappiamo come si è ridotto post copertura, fino a dover essere, orrore !, plastificato, era parecchio spelacchiato anche allora.
      F.

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