Leggo
un ricordo di Paolo Zaccagnini per il suo amico Lou Reed. E capisco
come si possa restare orfani di un amico, e non smettere di piangere:
va via qualcosa di irripetibile, di insostituibile. Quella capacità
unica di dare un amore unico. Tantopiù delicata, incantevole,
struggente perché non te l'aspetteresti in uno che si perdette mille
volte. Ma è proprio questo il punto. Conta il tempo, il tuo tempo.
E' proprio questo l'esempio. Quello che si lascia, perché lo si è
infine conquistato. L'umanità raggiunta, e come la interpreti con
addosso la vita. Come invecchi. E' anche la sfida più bella, l'unica
per chi, come me, ormai si va preparando. Perché è così facile
buttarsi via invecchiando, ed è così complicato, invece, trovare il
bandolo di questa matassa di tempo. Ci si confonde, si ha paura. È
complicato raggiungere la propria età, farsene raggiungere e
camminare insieme. Sembra pazzesco, ma ci si perde più che in
gioventù. E crescere con la gambe più fragili e i capelli più
bianchi, non uno sterile “diventare buoni”. Non è
rincoglionirsi di atteggiamenti e di prediche, come accade a molti. È
tirar su la rete dei giorni, e tenere solo il meglio. E' non aver più paura della tenerezza. È capire.
Capire all'impronta, capire da uno sguardo. L'esperienza che ha
ancora qualcosa da dire. Molto da dire. Se ci penso, questo
invecchiare è un ponte, non un traguardo. E percorrerlo questo
ponte, mi sto accorgendo, è complicato eppure inevitabile, come lo
diventa costruirsi un carisma, un modo di stare al mondo che non è
tronfio, non è opprimente né pateticamente giovanile, ma è, invece, un lasciar correre con cautela, un distillare le indulgenze, una controllata, fragile forza, un modo di osare con misura, di
dosare quella gioventù antica che ti nasce dentro ed è figlia
degli errori e del tuo essere sopravvissuto, ed è complice di quello
che sei adesso, figlio di un figlio degenere. Saggio figlio
irredento. Invecchiare bene è importante, è il riassunto della tua ostinata fanciullezza e può dare senso a una vita sul lato sbagliato. Può
nobilitare le cazzate, può addirittura fornire un alibi, a
posteriori. Bello leggere del cuore di Lou Reed per il suo amico
Paolo, di tutte le telefonate a tutti i medici della terra per
arginare una malattia che argine non ha. Di due ore spese a parlare
per consolare l'inconsolabilità. E' solo teatro contro
l'impossibilità della vita. Ma immenso teatro. Questo è essere
poeti della vita. E questo è il senso, il traguardo, il lascito:
meritarsi una morte da Poeta.
Ciaa Massimo,
RispondiEliminaho pensato molto prima di scrivere, ho letto il post più volte
ed alla fine ho deciso di farlo. Mi rivedo pienamente in quanto da te scritto, ma, soprattutto, ne ho tratto ulteriore forza per continuare ad essere fedele con me stesso.
Mi viene da pensare, poi, a quanto accaduto per il post su Renato Zero e mi sorprende che a nessuno di quelli che ti contestano è venuto in mente di dare un'occhiata a quanto tanto altro tu scrivi quantomeno per provare a capire attrravero quello che dici che persona sei.
Poi ho pensato che probabilmente sono rimasti talmente accecati dalla luce della loro STELLA da non riuscire a distinguere le luci dalle ombre.
un carto saluto
Al