Il vero mare, è la
solitudine. E la rete, lungi dal colmarla, l'ha esasperata portandola
allo scoperto. Il mare che non argini è la solitudine, nei suoi
social network, negli appelli sconclusionati, nelle richieste
disperate d'attenzione, nei furori sterili e infantili. C'era, tutta
questa solitudine, covava, cercava una via di fuga. L'ha trovata
infognandosi in un computer. Adesso è qui, e ci cerca. Ci raggiunge.
Non ci lascia in pace. La solitudine siamo noi, il mare siamo noi,
che non lo ammettiamo a noi stessi ma ci alziamo con una speranza
ossessiva: chi mi ha cercato? Soli come bestiole, ma meno attrezzati,
meno disposti, perché l'uomo non è fatto per star solo, perché gli
asceti sono pazzi, e si ha bisogno di una vita a fianco, fosse pure
quella di un cane, di un gatto, di due occhi che ci guardano. E le
nostre parole al vento invocano parole, risposte che a loro volta
invocano parole, in un intrecciarsi d'attenzione isterica che punta a
se stessa. Quanta angoscia, in quel chiamarsi! Quanto strazio, in
quella lucetta verde sempre accesa, giorno e notte, sempre in attesa,
specchio d'altre attese. Di altre invocazioni. No, voi non sapete
quanto mare c'è nella solitudine, non lo sapete perché ci affogate
dentro. Io invece mi fermo e la guardo. La ascolto. La nuoto. La
attendo. Non mi difendo. Non lo faccio più, perché non è
possibile, così come non è possibile asciugare il mare. Perché la
mia solitudine ha bisogno di altre solitudini. Perché non c'è
niente al mondo che questo, e questo buco dell'amore è dappertutto,
amici miei. Dappertutto, nelle immense metropoli come tra capanne di
fango. Nella foresta come tra i grattacieli, un albero che cade non
fa rumore, un'anima che si arrende non fa storia. Il suo chiamare
muto ha sempre la stessa voce, che si disperde fra correnti d'etere,
nei viali della sera, nelle domeniche arrese, nel rincasare a testa
bassa. Il vero male è la solitudine.
la solitudine è nel nostro destino tra l'altro nasciamo soli e moriamo soli. Chi ci accompagna prima e dopo questa vita? Ma nel frattempo siamo circondati da altre solitudini che nell' attesa ci fanno compagnia
RispondiEliminaLo dicevo oggi a mio padre in macchina. Gli raccontavo che una volta trovandomi in metropolitana mi sono reso conto di quanto sia diventata spersonalizzante la realtà stessa. La maggior parte delle persone nel vagone della metro era china sul proprio telefono, ognuno signore del proprio feudo fatto di specchi. Ho avuto la sensazione di essere l'unico a rendermi conto di tutto ciò.
RispondiEliminaFrancesco