Papa Bergoglio
c'è appena tornato su, adesso, stamattina, pochi minuti fa e il suo
discorso, a braccio, aveva la commozione della sincerità: senza
lavoro non c'è dignità, e non possiamo farci rubare la dignità. Ma
è proprio questo che succede, e, credeteci, quando non si lavora la
tentazione di farla finita è forte e in agguato sempre, ad ogni
curva, in ogni momento di abbandono e di solitudine. La dignità.
Anche venire sfruttati, presi in giro, anche scoprire dopo anni di
essere stato uno strumento per i vizi e i lussi di qualche schifoso,
ingenera brutti pensieri autodistruttivi. E dalla dignità, che
manca, che sparisce, discende tutto un rosario nefasto di
conseguenze. Senza dignità non c'è il coraggio, e senza il coraggio
non si ha responsabilità, E senza assunzione di responsabilità non
si cresce. Dio solo sa che generazioni di Peter Pan, più ancora di
oggi, più irresponsabili ancora, si preparano. Dovranno occuparsi di
un mondo senza dignità, dovranno pensare a noi vecchi: come potranno
farcela? Forse sopprimendoci per le strade, senza rimorso, senza
emozione, come la televisione già insegna loro a fare. Dignità.
Cosa si può salvare oggi dell'idea socialista? Non certo la
rivoluzione, ma direi appunto la difesa della dignità, la
consapevolezza che un uomo è più importante di una macchina e del
profitto, come dice il papa Francesco. Discorso utopistico, lo
sappiamo, chi comanda, chi gestisce imperi, dice: se gli altri mi
scappano su un razzo io non posso inseguirli in bicicletta, mi devo
adeguare e adeguarsi significa pensare ai profitti, solo con questi
io posso difendere il lavoro che resta. È una obiezione fondata ma
miope, non tiene conto, o forse semplicemente si adegua, che a lungo
andare una pressione simile divora ogni lavoro, ogni elemento umano e
infine ogni profitto, come ipotizzava Marx sia pure senza minimamente
sospettare l'escalation tecnologica e informatica che sarebbe
seguita. Resta il fatto che un uomo non è una macchina, una macchina
non è un uomo e una fabbrica, una azienza, un impero non può essere
fatto solo di macchine, di profitti. Come uscirne non saprei, non
sono un tecnico, non sono un politico. Non con la retorica
rivoluzionaria, lo ripeto. Ma mi piacerebbe si tornasse a pensare più
in piccolo e più lentamente, non nel segno di una decrescita felice,
che è una scemenza e una menzogna, ma nell'altro di tornare a
produrre di meno ma con più gusto, più capacità, più solidità,
per sfornare creazioni e prodotti destinati a vivere nel tempo, a non
essere così fungibili, a diventare parte di noi e contribuire a
segnare, in positivo, la nostra vita. Insomma quello che sapevamo
fare meglio di tutti, e che ci regalò il primato nel mondo subito
dopo la guerra. Sono tempi diversi questi, d'accordo. Ma dovremo pur
stancarci un giorno di consumare roba mediocre, dannosa, che dura
quanto il volo di una farfalla. Dovremo imparare di nuovo a
valorizzare gli uomini per i loro talenti, per quello che sanno fare.
E soprattutto dovremo capire che senza dignità il mondo non gira
più. Se non ricordiamo più, come il papa ci invita a fare, che un
uomo non è uno strumento, che conta più di una macchina, allora
cosa resta della nostra umanità, della nostra stessa vita?
Papa Bergoglio è commovente, e penso che nessuna dottrina o ideologia difenda la dignità più profonda dell' uomo quanto il Cristianesimo: non i fascismi o i comunismi, e neppure quella liberale. Bisogna però essere coerenti, e allora riconoscere che il Cristianesimo, e Bergoglio ne è chiarissimo esempio, è totalmente altro rispetto ai valori oggi assolutamente dominanti, di cui credo tutti siamo, chi più chi meno, permeati. Per questo faccio una gran fatica a dichiararmi Cristiano.
RispondiEliminaFrancesco
Per me è il cristianesimo è in larga parte assurdo, e inapplicabile, pena l'estinzione dell'umanità. Ma questo non toglie che la voce di un papa possa essere fondata, e importante quando denuncia altre dinamiche assurde.
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