Ho scritto un pezzo con chiara
provocazione, dicendo che i maschi sono genericamente pericolosi e
inaffidabili e invitando le femmine a diffidarne: sono piovuti
commenti di maschi indignati come non ne ricordavo da anni,
riecheggiavano gli anatemi della setta scout che in nome dell'umana
fratellanza mi voleva squartare. Commenti con una costante: non
capivano il paradosso, che a me pareva evidente, e, non senza una
certa coda di paglia, reagivano rigidi: io non c'entro, io non ho
ammazzato nessuno. Li ho pubblicati quasi tutti, anche i più
ignobili o stupidi perché da soli finivano per legittimare l'assunto
che contestavano: me ne dolgo a scriverlo, io che non ho mai
sopportato il femminismo e le femministe, ma la sensibilità
maschile, a stanarla, si conferma inesistente verso le donne,
tuttalpiù una sorta di cinismo infame, come quello che mi paragonava
i massacri sulle femmine alle cadute dalle scale. Ma anche Totò
Riina ai picciotti che inorridivano davanti agli ordini di sterminare
i bambini, replicava: di che state a preoccuparvi, ne muoino tanti in
Africa, in Bosnia. Altri si nascondevano dietro le statistiche, come
fanno quelli che non sanno come negare un problema. Ma neppure le
statistiche reggono più, a forza di ripetere che i femminicidi erano
“nella norma”, erano “i più bassi d'Europa” (in un Paese
dove la denuncia è rimane spesso percepita come una perdita di tempo
quando non un'arma a doppio taglio), ci siamo ritrovati l'esplosione
del fenomeno e oggi le violenze di matrice sessuale in Italia sono
fra le più diffuse del continente.
Cosa dedurre da queste reazioni,
totalmente impermeabili, indifferenti e sotto sotto compiaciute di
fronte alla mattanza femminile? Due cose, mi pare. La prima è
proprio una insensibilità, maschile, ma più probabilmente generale:
quello che non mi riguarda non mi tocca, la logica pilatesca per cui
basta starne fuori perché il problema non esista. La seconda mi
sembra più preoccupante: una sorta di morboso compiacimento, ma sì,
finalmente hanno quel che si meritano queste troie, se penso a quello
che han fatto passare a me. Di streghe ce ne sono, nessuno lo nega, più
spregiudicate di ieri, capaci di rovinare uno e poi di succhiargli
gli alimenti a vita. Ma sono le misure della socialità ad essersi
generalmente dilatate, allentate, è la società nel suo complesso a
non tenere più e qui si parla di donne massacrate, due o tre o
quattro ogni giorno per l'unico motivo di non accettarne l'addio o il
tradimento. La modernità italiana si conferma di facciata,
mistificatoria, libertà sì, emancipazione sì ma “non nel mio
giardino”. Altrimenti scorre il sangue, nella più o meno pelosa
solidarietà di altri maschi. Attitudine più levantina, islamica,
che da contesto europeo, occidentale, improntato bene o male a
tolleranza e senso della realtà. Andare avanti per tornare indietro,
al padronato maschile rurale come nella Canzone della terra di
Lucio Battisti, “donna mia devi ascoltare”. I limiti della morale
borghese e consumista, perbenista e cattolica, sono stati travolti e
sopravvive solo la logica della rimozione: se mi vieni contro, se osi
ribellarti al mio volere di maschio-padrone, io ti cancello, non
importa se santa o puttana. E per sovrannumero elimino anche i frutti
del tuo ventre. Niente più remore, scrupoli, patemi, resta solo la
convinzione, arcaica, preistorica, da cristianesimo magico o
medievale, che l'uomo-bestione, l'uomo-bambino ha l'ultima parola,
anche di vita o di morte.
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