Buon Ferragosto. Tutti, quasi
tutti quelli che conosco ci arrivano come cavalli stravolti,
distrutti da una vita senza punti fermi, da un lavoro che si perpetua
senza arrivare a niente, senza costruire niente, un lavoro che o non
c'è oppure c'è ma è come non ci fosse. E l'approdo non sono ferie,
non sono vacanze ma giusto un tirare il fiato di poche ore,
illusorio, un cadere in coma, casa o villeggiatura che sia, col
pensiero che già vola al ritorno all'inferno, alla pena di tutti i
giorni che più la declini e più non sai perché. E sempre più
prepotente quel desiderio di fuggire via, come nella canzone di
Baglioni, di rifarsi una vita o di farsela una buona volta perché
questa, questa che si brucia giorno dopo giorno, negli sforzi inani,
nelle liturgie della rassegnazione, nel disperato sperare, nel
perenne ricatto della debolezza che tutto ti fa sopportare, questa
via crucis senza ragione, senza mai morire del tutto e senza
risorgere, tutto è tranne che vita. Buon Ferragosto, col sole
velato, con una stanchezza precoce nei giovani, stratificata in
quelli della mia età, che si volge in resa, in consapevolezza che
non resta molto da fare se non resistere, ma fino a quando, e per
cosa? Mi guardo in giro e mi pare di capire sul volto dei miei
connazionali ancora adolescenti o studenti una sorta di euforia
stupida, consapevolmente stupida, come a voler rimandare la resa dei
conti ancora per qualche Ferragosto ma già intuendo la vita ad
imbuto che li aspetta; e una specie d'incarognimento in tutti gli
altri, che vita di merda, che pieno d'illusioni e di prese in giro,
di bastardi intorno a noi, di stronzi che noi stessi siamo costretti
ad essere, che dannazione infinita questa vita che tutti gli
smartphone di questo mondo non servono ad esorcizzare ma ad
alimentare. Tenuti alla catena da noi stessi, dal mondo che si è
modificato senza chiederci il permesso per meglio controllarci, ma
non è sempre stato così da che mondo è mondo? Sì, certamente, ma
sopravviveva se non altro la folle idea di una via d'uscita,
improbabile, utopistica, onirica ma ancora plausibile: adesso sembra
roba da visionari, da manicomio e nessuno ci prova più. Perfino le
lotterie si accontentano di miraggi più alla portata, mille euro al
mese per i prossimi vent'anni, come a dire, se ti dice bene le stelle
ti trovano il lavoro che in terra ti è negato. Ma non di più. Buon
Ferragosto, passato nel gelo afoso di una camera, nel deserto affollato di una metropoli, nel carnaio
demenziale di una spiaggia, nella quiete mortale di una montagna o
nel caldo appiccicoso di una tavolata coi soliti parenti che ad ogni
Ferragosto si sopportano meno e sempre più si chiedono chi glie lo
fa fare. Ma sopravvivono i rituali della sopravvivenza, stare
insieme, mangiare, nutrirsi, come in guerra, che del doman non v'è
certezza o meglio ce n'è una sola: che non sarà meglio di oggi, che
sarà la solita guerra di nessuno e di tutti contro tutti, guerra
contro il mondo e contro noi stessi, guerra allo specchio come negli
ospedali psichiatrici. Ma buon Ferragosto, che tanto dura niente,
come l'estate, come la nostra età senza denti, come tutto a questo
mondo tranne questa precarietà della vita che non passa.
ferragosto è la stessa grande bugia di capodanno. oggi l'illusione di vacanza e spensieratezza, a dicembre quella di cambiare, di ricominciare. e invece no, ci ritroviamo sempre più schiavi della monotonia. sarebbe bello poter scappare e trovare un posto più umano dove vivere.
RispondiEliminavit
Non sarebbe meglio non piangersi addosso e aprire invece gli occhi. Tutto è cambiemento continuo. E' i lnostro cervello che pensa che tutto sia sempre uguale perchè ha paura del "non riconoscibile". Huxley diceva di aprire le "Doors of perception". Si può fare anche senza allucinogeni, basta allineare cuore con cervello, laicamente
RispondiEliminaSalutoni e buon post ferragosto
Dall'intervento sopra mancano un paio di ulteriori verità: non ci sono più le mezze stagioni e se oggi seren non è, doman seren sarà.
RispondiEliminaCaro Anonimo, senza allucinogeni la vedo dura.
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