La sindrome del tempo del ritorno.
Più invecchio e più m'infilo a scuola anche se non ci vado
veramente; ma il pensiero avverte il suo settembre, nella luce più
corta, nei primi temporali, nel gioco di correnti che ammalano il
mare, nel saluto ferito degli ultimi amici. Si svuota la spiaggia, un
cimitero d'ombre e ancora affogherò nei bilanci, perché è a
settembre che si muore. Un'estate sfuggente, ambigua, cominciata
tardi, fatta di saliscendi, ora ritrosa ora rovente, stagione di
zucchero filato dove ho continuato più di sempre i giorni di sempre
infilandoli dentro qualche bagno, qualche trattoria fuori dal tempo.
Senza fatti eclatanti, avventure, tragedie: solo un gattino, un
povero gatto sbandato l'ha sconvolta, qualche sera, e l'ho curato ma
non potuto adottarlo, e l'ho portato via, dov'è scomparso, forse
fortunato forse morto, ma il suo ultimo sguardo, in cima a una siepe,
era una condanna che mi seguirà a lungo. L'umile orgoglio, questo
sì, d'introdurre care presenze a questo piccolo mondo, fatto di
scorci rari, di visioni perdute, d'inservibile bellezza. Ma a
settembre si muore, e lo si fa per ritrovarsi o perdersi. Io sono
perso, non saprei dire dove o chi sono, cosa voglio da me in questa
spossatezza d'atti diversi e tutti uguali, ostinati cruciverba
d'insolubile vita. Senza mai rilassarmi davvero, senza tirare il
fiato, senza pensare che anche per me, anche per noi era l'estate.
Con quella corrente di malinconia addosso, sottopelle, sempre, nelle
grinze dell'anima. Sentendoci sfarinare una sera via l'altra. No,
nessun orgoglio di noi, nessun progetto, non la voglia di spiegare
per chiedere aiuto. Quale aiuto? È dunque infinita questa deriva
sfinita, questo sgocciolio d'estati che sempre più si rinnegano?
Fatica sempre più la poesia a
farsi credere, lasciarsi vedere, trovare, fermare nelle piccole cose,
nella fragranza d'esistere che non ricordiamo più. Una stagione
radiosa, l'abbiamo avuta mai o ci piaceva crederlo inoltrandoci nei
viali della nostra attesa?
Poi, come di colpo tutto non c'è
mai stato, andato via, archiviato e quel ponte di vita che sospiravi
nelle spietate notti di buio congelato, è un miraggio. Ora
settembre, ma questo mese traditore, che si promette bello ed è
inservibile, non lo vorrò vivere. È nostalgia settembre,
stillicidio antico. Non ci vado a vedere i fantasmi sulla spiaggia
morta, dentro il mare ostile. Non ci vado a cercar resti di me,
tracce del fragile passaggio in quest'estate che non è stata.
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