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Un ricordo di Enzo
Tortora a dimensione di monologo. Considerazioni intorno a frammenti delle
sue parole in forma di articolo, di lettera dal carcere, di intervento
parlamentare, di autodifesa appassionata in aula, di commento
televisivo. Enzo Tortora rimane la più oscura, tetra, ingiusta delle
tragedie individuali italiane. Una vita frantumata, per la quale nessuno
ha pagato. Oggi, a venticinque anni dalla scomparsa, questo breve
lavoro vuole rendere omaggio, e, umilmente, memoria alla figura di un
uomo colto, mite, forte, dignitoso, oltre che un grande giornalista
abbandonato da quasi tutti. Ma, in controluce alle riflessioni, la
prospettiva si allarga a considerare l'ultimo, estremo pensiero del
detenuto “estraneo, non innocente” Enzo Tortora: le migliaia e migliaia
di detenuti in attesa di giudizio, oggi come ieri, oggi più di ieri
scaricati negli inferi carcerari senza redenzione e senza speranza di
pietà da un potere politico che avvicenda i suoi indulti e le sue
promesse di una soluzione ad un problema mai affrontato, sempre rimosso,
e che, come Enzo Tortora ha ripetuto, letteralmente, fino all'ultimo
respiro, rende questo Paese indegno del diritto di chiamarsi libero,
democratico, civile.
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