Beati
i poveri di spirito, che forse non erediteranno il regno dei cieli ma
possono almeno godersi una mattina finalmente solatia a bordo della
loro Vespa; e mi pareva impossibile, dopo un inverno in cui non sono
morto non lo so perché e non l'ho fatta finita, forse, solo per
mancanza di forza. Giravo, e guardavo, e non mi veniva in mente, come
succede di solito, neanche una poesia, un pensiero, un singolo verso.
Giravo e guardavo e m'inondava il sole anche se la giornata era
fredda. Ho percorso tutto il lungomare, sono tornato indietro, mi
sono infilato nel porto dove i pescherecci restavano legati come
enormi cani mansueti alle bitte, e lì mi vengono sempre in mente le
canzoni dei miei sedici anni, e poi sono uscito e mi sono allungato
fino a quella trattoria di pesce dove andiamo due volte ogni estate,
solo per vederla finalmente riaperta, come ad ogni Pasqua. Guidavo e
mi guardavo intorno, pensando che ero uscito da un inverno così,
senza sapere come ce l'avevo fatta. Qualche amico sparito, come suo
solito, e tanti falsi amici, tanti rami secchi finalmente troncati,
gente che prendeva sempre senza rendere mai. L'ultimo proprio in
questi giorni di festa, di Pasqua, una piccola fanatica opportunista
che da tre anni non faceva che piagnucolare pretendendo sempre di
più, da me, da mia moglie, articoli, consulenze, torrenti di
telefonate, di richieste, di scemenze deliranti di una esaltazione
irritante. Alla fine l'ignoranza degenera in arroganza e la pazienza,
la generosità diventano veleno, lasciarti usare diventa un dovere
acquisito e ti ritrovi una proprietà altrui per usucapione.
Finalmente
solo. Libero. Guarito anche dell'ultimo parassita. Non ne sono più
rimasti attaccati alla mia vita. E l'ho spesa tutta, la vita, perché
non ho imparato mai a farmi furbo, questa è un'abilità che o
erediti per via genetica oppure per strade culturali, cioè te la
insegnano i genitori, che dovrebbero star lì per quello. Oppure la
impari a forza di farti usare. Che poi, quando ci discuti, viene
fuori tutta la volgarità, la meschinità e ti accorgi che a
mantenere certi rapporti distorti ci avresti vieppiù rimesso, anche
in termini finanziari perché è tutta gentaglia anche ladra.
E
ti succhiano la pazienza, quell'ultima stilla di energia, e perfino
il sacrosanto diritto di goderti le cose più semplici, più tue,
come una canzone, un ricordo che sedimentava quando loro ancoranon
c'erano e invece adesso lo travolgono col loro fanatismo, vorrebbero
importerlo alle loro condizioni, alla luce malata del loro delirio
fanatico.
E
invece io guidavo la mia Vespa rossa, che mi pareva corresse come non
mai, a nuova vita anche lei, in un sole da pesce d'Aprile, sentendomi
libero come non mi succedeva più da una vita, solamente libero, con
la voglia di riscoprire un mondo dipinto di sole, finalmente dopo un
inverno omicida, di prendermela comoda un poco anch'io, d'indugiare
senza ragione su una barca, una pianta, una strada, e poi di
tornarmene a casa, da mia moglie che mi aspettava, dai miei gatti che
si godevano anche loro quel sole sul balcone, nella prima gita fuori
porta dell'anno.
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