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LA VITA CHE MI ASPETTA (SARA' SOLO MIA)


Viene il tempo di fare pulizia. Intorno a te, il che significa dentro di te. Per qualche misteriosa ragione, ho sprecato la vita appresso a gente inutile, contesti assurdi, impegni insignificanti e però oppressivi: a farmi sfruttare, in una parola, e adesso son costretto a farle in fretta e furia, spesso in modo brutale queste pulizie esistenziali perché non lo so quanto tempo mi è rimasto, ma so che ogni giorno che passa mi lascia più urgente il bisogno di vivere un po' meglio di ieri, di godere anche solo di una sensazione perduta con tutta l'intensità che posso. Sono le sette, che mi intossicano, mi soffocano, mi sfiniscono che si parli di Grillo, Renato Zero, Saviano o il Milan. C'è una propensione al fanatismo che a me pare pazzesca, che la rete dilata ad intensità sfrenate e che comunque non sopporto più, gorghi che t'inghiottono se gli capiti a tiro. È tutta gente disperata, che brucia la vita in un miraggio e presume tu faccia altrettanto. E siccome le manca sempre 30 per far 31, più l'accontenti e più non s'accontenta. Va sempre a finire che o tu o loro, o la tua salute mentale o la loro insanità e davvero qui il baratto non può farsi, guai, non ne esci vivo: cosa volete, anche l'aria che respiravo poco tempo fa? Non ti lasciano tregua e non puoi dire loro: abbiate pazienza, ho dato. Non si fermeranno, la loro legge è sempre e solamente quella: chiedi di più. Spietata e melensa, a questa gente basta un sorriso, una stretta di mano e a te ti basta dirti: che scemo.

Mea culpa, che ci metto sempre troppo a decidermi: ma qualcosa mi dice che finalmente ho imparato a prendermi la vacanza (senza scadenza) da certi pazzoidi molesti, scelgo adesso oppure mai: se chiederanno di me, troveranno occupato, il mio mondo non sarà più il nostro mondo, per dire, in pratica, soltanto quello loro. Mi prendo un'apertura d'ali e oramai li saluto: i '70 in cui bambineggiavo son passati da un pezzo, peggio per chi dovrebbe imparare a crescere ma si ostina a non farlo: tutto il disagio inizia sempre da un sì, seguito da un altro sì, e poi un altro e un altro ancora finché non li conti più: ma io volo alto e la vita che mi aspetta non gliela do più: possono andare affanculo.

Certo, anche i soggetti di tanto smarrimento potrebbero porselo il problema e darcela una mano, a noi eterni bancomat di disponibilità, per emanciparci dalle loro stesse vittime, che poi diventano i nostri carnefici; molti aspiranti padreterni dovrebbero andare a lezione da Lucio Battisti o Bob Dylan, gente che si è sempre bastata, stando bene attenta a non dipendere da chi dipendeva da loro. Invece non c'è pericolo, qui son tutti bravi a far sermoni per i convertiti e la tragedia è che perfino dei comprimari come i giornalisti hanno imparato a fomentare il loro patetico culto della personalità. Affari loro. Io, dopo le pulizie di Pasqua, ho inforcato la Vespa, a zonzo sulle tracce dell'imperfetto che sono sempre stato, riprendendomi tutti i miei ricordi finalmente mondati di vischiosità da mitomani; e perfino un presente ordinario come questo, non dico che lo amo, ma me lo faccio bastare.

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