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APPENA IN TEMPO

Io continuo a ricevere, e non da una parte sola, segnali di fumo da gente che oggi sembra pentita, almeno in una certa misura, di tanto accanimento nei miei confronti. Benissimo: allora aspetto almeno una lettera dove venga riconosciuto, come si fa tra galantuomini, quanto operato o tollerato sulla mia trascurabile persona, magari specificando anche perché mi si volesse soffocato nel fango, perché si è cercato a lungo di farmi crepare, chi fossero quelli che, nell'ombra, si fa per dire, mestavano e rimestavano in un torbido che non c'era. Perché io, per quanto mi riguarda, non l'ho mai capito. Certe responsabilità di finti amici, ai quali non ho mai davvero creduto, le sospettavo già e le ho puntualmente riscontrate, via via sempre più chiare, una volta staccatomi. Certe meschinità le ho pure ricostruite, e non è il caso di farne un dramma: fanno parte della vita. Ma tutto quell'odio, tutta quell'ossessione, fino ad esultare per un lutto privato, fino all'invenzione più assurda e più sconcia, no, quelli non li ho mai capiti. Non a chi servissero, non chi lo orchestrassero davvero, non che senso avessero. Dopo anni, in cui tutto è passato, e ormai quel che rimane sta andando alla deriva, sono ancora qui che aspetto. Gradirei, finché si è in tempo, una sintesi, ma leale fino in fondo, e senza timore: qui non ci sono penitenze o confessionali. Dopo di che, si può anche discutere di tutto il resto.

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