Sono
giorni difficili, è partita la scampagnata elettorale e mi
spediscono a sentire e riferire i comizi dei cosiddetti leader.
Naturalmente non me ne piace uno, e vivo con spirito di sacrificio
questa mia condizione di “informatore” (detto così sa di spia,
ma le spie in effetti hanno molta più dignità). Però qualche
spunto, marginale, di interesse si ricava, in particolare ad
ascoltarli di persona emergono, assai più chiare rispetto ai
resoconti propagandistici dei giornali, le differenze tra questo e
quel candidato. Renzi, per esempio, è un chiacchierone che induce
una istintiva antipatia, e dà l'impressione di correre sulle parole
in modo che nessuno lo capisca. Bersani è più argomentativo, più
lento, vecchia scuola, all'apparenza convince di più. Solo che
Renzi, nel suo modo frenetico, ha capito che la situazione è tragica
per davvero e non si può più reggere sull'assistenzialismo, sulla
politica dei diritti acquisiti, i tagli bisogna pur accettarli, la
tassazione deve pur scendere. Bersani no. Lui vuole più di tutto:
più pubblico, più stato, più statalismo, più scuola, più enti
locali, più finanziamenti ai suddetti, più partiti, più lavoro,
più diritti, l'Europa è il bengodi basta che funzioni, testuale,
“come una cooperativa socialista”, la colpa di tutto è,
naturalmente, di Berlusconi, per lui i sogni son desideri e i
desideri si trasformano in diritti. L'unica cosa che Bersani non
specifica, è a quale prezzo. E non la specifica perché non può, il
prezzo consistendo in un solo costo: più tasse ancora. Renzi,
leggero quanto volete, si pone il problema: e passa per
berlusconiano, offesa somma. Bersani lo rimuove, e corre dietro a
Vendola. Non me ne piace mezzo, ma tra i due, contrariamente a quanto
si sostiene, il meno concreto non è il toscano alla panna. È il
piacentino col sigaro.
fotografia perfetta...il welfare dell'Europa occidentale è giunto al capolinea, specie per i paesi del sud del vecchio continente, impastoiati nel debito e nella crescita assente da anni e trasformatasi ora in aperta recessione...non c'è più reddito sufficiente per sostenere il welfare e la pressione fiscale, portata da sciagurati tecnocrati incompetenti a livelli da Moloch con l'obiettivo di pareggiare il bilancio dello stato pur di non intaccare la spesa pubblica (peraltro squilibrata e fonte di corruzione, malaffare e ladrocinio), sta facendo a pezzi il tessuto economico produttivo per cui alla fine ci ritroveremo senza welfare e senza più la base economica del paese...prospettiva da sud America...si vivrà al livello di pura sussistenza tranne pochi privilegiati... l'emigrazione all'estero tornerà ad essere la vera e unica valvola di sfogo di un paese impoverito, come è stato per un secolo...forse ci dimentichiamo che oltre venti milioni d'italiani sono emigrati dall'unità fino al boom economico degli anni '60, una cifra impressionante se rapportata alla media della popolazione italiana dal 1860 al 1955, quasi 1 su 2 lascia l'Italia in quegli anni bui...del resto non c'è famiglia italiana che non abbia almeno uno zio d' America...
RispondiEliminaForrest Gump