MARCHE,
REGIONE VERGINE
Visto
che è periodo di “indagini conoscitive” della Finanza negli
uffici delle regioni, ci è tornata in mente una faccenda di un paio
d'anni fa, con epicentro la regione Marche. Così, abbiamo ripescato
una nostra cronaca dell'epoca, uscita su una rivista, che
riproponiamo pari pari. Senza aspettarci che ne nasca l'ennesima
indagine conoscitiva, perché le Marche, come noto, sono la più
virtuosa delle regioni, la più economa, ecologa, vergine e martire.
Così, giusto per deformazione professionale. Tu chiamalo, se vuoi,
istinto di cronaca.
IL
MIGLIORE DEGLI SPOT POSSIBILI
È
sintomatico che le critiche all'ormai famigerato spot sulle Marche
con Dustin Hoffman che rimastica Leopardi restino confinate ai
risvolti stilistici, ai birignano dei maestri di cerimonia, da Mina a
Berselli ai blogghettari al traino, che di fatto legittimano
un'operazione discutibile, puntando tutti al dito, anzi alla voce,
della star mentre evitano di vedere la luna della vicenda che sta
dietro. Un affare all'italiana, secondo alcuni, pieno di risvolti in
attesa di chiarimenti tra le pieghe di una procedura più o meno
corretta. È la forma che salva la sostanza e non tollera domande: la
Regione Marche, direttamente interpellata, ha risposto senza
rispondere, preannunciando querele a curiosi e importuni. Ma davvero
non vederci chiaro, chiedere di vederci chiaro, può essere liquidato
come killeraggio al soldo dell'opposizione?
Noi
queste critiche le riportiamo senza trasformarle in oro colato ma
dandone conto perchè ci sembrano molto precise, molto specifiche,
non facili da archiviare come maligne fantasie. La faccenda, tra
l'altro, offre sviluppi intriganti, sorta com'è una volta tanto
davvero “dal basso”, da un filmatino per solo audio su youtube
dove un regista precario quanto incazzato, Andrea Lodovichetti, ha
crocifisso l'intera operazione Hoffman a uno stillicidio di
contestazioni, eccezioni, dubbi, osservazioni puntute. Nella versione
di Andrea, pubblicata in rete anche in formato testo il primo giorno
del 2010, non c'è niente di corrivo, di volgare, la cattiveria, se
così la si può chiamare, sta nella precisione esasperata,
nell'asciuttezza polemica con cui il regista chiama i suoi
interlocutori a rendere conto di troppi retroscena.
Partiamo
dall'operazione, costata circa 2 milioni di euro. Una cifra che a
tutta prima suona esagerata, anche tenendo conto della caratura della
star hollywoodiana, per una semplice lettura poetica. Rincara
Lodovichetti: Come
addetto ai lavori, sostengo che il prodotto non convince affatto
(...) [ma] mi limiterò a riportare fatti numeri e nomi: in virtù
della più sana trasparenza e con il vivo dispiacere di chi si sente
ancora una volta preso in giro dalle istituzioni, con l'aggravante di
essere realmente snervato da quei patetici, ricorrenti slogan
politici del largo ai giovani che si scontrano, brutalmente, con le
reiterate, puntuali, devastanti conferme dell'esatto contrario nella
pratica quotidiana. (...)
Come
emerge dalla documentazione relativa al Decreto Dirigenziale della
Regione Marche, datato 30 agosto 2009 ed ottenuta grazie al
Consigliere Regionale Giancarlo D’Anna (unico politico che si è
impegnato nel tentare di fare un pò di chiarezza) e relativa ad una
gara d’appalto passata a dir poco in sordina, tutta l’operazione
è costata, 1.785.000 euro. 700.000 dei quali a Dustin Hoffman;
700.000 + 48.000 per i passaggi TV e gestione ufficio stampa a tale
operazione associato; 337.000 per la produzione/post produzione dello
spot, i compensi delle professionalità coinvolte e, ovviamente, il
cachet del regista: Giampiero Solari. Cifra
che Lodovichetti giudica “molto strana”, e che comunque si
inserisce “in un bando di
gara internazionale vinto da una società spagnola; società che ha
scelto in autonomia regista, maestranze, etc”. Così
rivendica il governatore Spacca, sbandierando la correttezza formale
delle procedure. Senonchè,
continua
Lodovichetti,
in un’intervista al Corriere Adriatico datata 9 ottobre 2009 e
firmata da Maria Cristina Benedetti, il regista Giampiero Solari
sostiene:
“Certo,
l'idea è partita da me, poi ho cercato una produzione per il
contatto”. Domanda
Lodovichetti:
Ma quindi “la regolare gara d’appalto”? La ditta spagnola che
ha scelto “ in autonomia” il regista? La trasparenza? E le accuse
di fare “processi politici o di orticello”?
Dopodichè
l'autore si sofferma su questioni tangenziali, concernenti un
movimento dei MarcheAutori poi naufragato, nonché sui tagli al
settore che hanno ridotto i finanziamenti complessivi per l'intero
comparto a meno di trecentomila euro; come si spiega, allora, incalza
Lodovichetti, che per un solo spost poi se ne vanno quasi due milioni
di euro?
Il
regista va avanti: Altro
capitolo: la Film Commission. Il battesimo della Film Commission
della Regione Marche è ufficialmente avvenuto nel 2008, con un
ritardo di ere geologiche rispetto ad altre regioni italiane. Tuttora
non mi risulta che sia finanziata dalla regione in modo che riesca
efficacemente a lavorare. Di fatto è stata costituita nel 2001 (con
delibera n.1463 del 26 giugno 2001 presso il Servizio Turismo e
Attività Ricettiva della Regione Marche) ma non è mai entrata
realmente in funzione; tanto che qualcuno ci dovette rimettere le
mani cinque anni dopo, nel 2006: si trattò, neanche a dirlo,
dell’ormai noto Giampiero Solari (Assessore ai Beni Culturali della
Regione fino all’anno precedente, 2005, poi immolato a vittima
sacrificale da rimpasto ma subito consolato con l’investitura di
“Consulente” del Presidente Spacca e “Collaboratore per la cura
dei Grandi Eventi” della Regione e di conseguenza del restyling
della succitata Film Commission).
Dopo
ulteriori considerazioni, il lungo intervento si chiude in un
crescendo polemico tutto giocato sul filo dell'argomentazione
serrata, anzi spietata. Mi
rivolgo ora all’attuale Assessore Regionale alla Cultura,
Vittoriano Solazzi, che conosco personalmente e stimo: Dott. Solazzi,
io credo ancora nella sua buona fede e nel suo intento di cercare di
costruire qualcosa di concreto nsieme; ma se lei rimane imbrigliato
nelle maglie di un meccanismo che palesemente non funziona o si
inceppa, questo non può certo essere nostra responsabilità, nè
tantomeno possiamo esser liquidati come soldatini di non si sa quale
battaglia a fini politici. Non funziona così. Non si contesta un
investimento per la promozione della regione, si contestano le prese
per i fondelli sfacciate e controproducenti per tutti . Si contesta
la totale mancanza di una politica culturale e turistica generale
studiata e calibrata anche sull’audiovisivo, si contesta la
produzione di uno spot miliardario messo lì una tantum e senza
nessuna strategia operativa che ne giustifichi l’efficacia e la
spesa, si contesta l’arroganza, si contesta la pretesa di ricevere
progetti elaborati in forma gratuita che vanno puntualmente in
malora, si contesta il fatto che non si trovano mai soldi se a
prenderli non sono le persone “giuste”. Si contestano i
“contentini”, gli spiccioli, le briciole, a fronte di una torta
ben più consistente spartita sempre e solo tra i soliti noti. E’
questo, ciò che si contesta!
Da
anni descriviamo il sistema Italia quale macchina malandata e
malfunzionante, in ogni settore. Ma se non riusciamo a comprendere
l’indubbio valore “bipartisan” di queste situazioni, di queste
diatribe, di queste polemiche, allora tanto vale andarsene domani,
perchè mentre noi saremo intenti a scannarci invano, come stiamo
facendo adesso, ci sarà sempre qualcuno che continuerà imperterrito
ad autolegittimarsi nel e del proprio operato. Signori, lo vogliamo
capire o no che il malcostume non ha colore politico?
Fin
qui la cronaca: dei fatti, delle opinioni e, se vi pare, delle
illazioni. Cronaca di una storia che ancora si agita tra le nebbie
paludose di internet, dove peraltro è esplosa al punto da irritare
non poco la Regione. Ripercorrendola, non possiamo risparmiarci un
paio di considerazioni che hanno a che fare con la democrazia, con la
sua espressione. Ci pare che questa espressione oggi, a prescindere
dal caso in esame, non esprima più altro che fastidio, quando non
disprezzo, per chi si permette di disturbare il manovratore. Se è
vero che Craxi, tornato di gran moda, fu il migliore rappresentante
di un salto di qualità per cui la disinvoltura del potere non doveva
più essere dissimulata ma esibita, se è vero che dopo di lui la
cosiddetta seconda Repubblica ha operato altri salti, primo fra tutti
quello di una politica di puro piacere, senza più doveri, allora
qualcosa non torna nel gioco democratico. Che è, dovrebbe essere
basato non solo sulla dialettica tra istituzioni, ma anche,
soprattutto, sul redde rationem del potere verso i cittadini; degli
eletti verso gli elettori. Tutto questo oggi ha il sapore
dell''utopia più lontana e improbabile, mentre l'insofferenza del
potere verso qualsiasi assunzione di responsabilità diventa ogni
giorno più esibita, più grossolana, più aggressiva. Anche più
offensiva nelle sue obiezioni, che sarebbero quelle del processo alle
intenzioni, del “per chi lavori”, dell'alterità: non guardate
me, guardate lui che la combina più grossa. Il succo di tutta questa
faccenda, della versione di Dustin e di quella di Andrea, di quella
di Spacca e di quella di Solari, oltre le domande martellate, le
risposte non date, i dubbi che restano, sta proprio nell'eccessiva
distanza della politica, che tracima, che invade, che allaga ogni
campo (mentre si riempie la bocca di formule vane quali “merito”,
“qualità”, “competenze”, “autonomia”), e che, se
stanata, liquida tutto come killeraggio. Probabilmente la giunta
Spacca non avrà commesso alcun reato, e certo un regista ex
assessore sarà stata la soluzione migliore per il migliore degli
spot possibili. Ma non è questo il punto. Non basta una correttezza
formale a risolvere il tracimare di una politica che decide tutto,
che confonde i suoi ruoli, che non risponde. E che grida al
complotto, sempre, automaticamente, facendone l'unica spiegazione che
si degna di fornire. Per scegliere il migliore degli spot possibili,
alla Regione Marche bastava prendere la lettura de “L'infinito”
di Carmelo Bene. Costava 20 euro di dvd”.
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