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DEL PIU' PROFONDO DISPREZZO


DEL PIU' PROFONDO DISPREZZO
Mi ha chiesto un imbecille a proposito della Minetti: “Non credi che sia attaccata da tutti (sic!) solo perché è più bella e più preparata delle altre?”. No, penso che tu ti ci faccia un mare di seghe. Penso anche che le Minetti, le quali hanno vita breve ma si riproducono incessantemente, avranno un senso fino a che ci saranno mentecatti del genere, ovvero in eterno. Purtroppo, il senso della Minetti si chiama Berlusconi. Il quale, apprendiamo, non si candida più: era ora, e così si chiude, pare definitivamente, un ventennio di nababbica miseria. Che squallore, che bassezza abbiamo dovuto constatare in questi vent'anni; e sarà vero, anzi è senz'altro vero che il suddetto Cavaliere lo hanno reso la Madre di tutti gli alibi, pubblici e privati, e qualcuno ha preso a odiarlo a tassametro, edificandosi una carriera difficilmente ipotizzabile altrimenti; però la sostanza di questa vergogna orgogliosa, vergogna senza vergogna, resta e nessun opportunismo la può scalfire. In una politica ampiamente squalificata, miserabile, merdosa, Berlusconi è riuscito a distinguersi per mediocrità e volgarità: è come se l'avesse tirata a fondo con lui, accelerandone il naufragio. Quando si leggono i suoi commenti, severi, sulle fogne sgorgate dalle parti della Regione Lazio, viene da imprecare: ma come, brutto figlio di buona donna, proprio tu hai il coraggio di scandalizzarti? Berlusconi non si ricandida, sconfitto da tante forze ma da una sopra tutte: se stesso. Le Minetti ed altre cento, mille, diecimila omologhe, sono invenzioni sue. Sparpagliate in tutte le istituzioni, locali, nazionali, continentali. Ciarpame, come diceva la ex moglie Veronica, che ci è toccato mantenere, tutti, non solo a lui, e ancora ci toccherà mantenere a vita: perché? Per i festini, perché hanno sollazzato il loro papi padrone? Dicono queste squallide da battaglia che non occorre avere preparazione per andare in politica, che la politica è un trampolino per lo spettacolo (non più il contrario) e che nessuno ha mai visto un politico pagare per qualsiasi cosa: e tutte ci restano, perché “ammirano gli ideali di Berlusconi”. Con simili presupposti, non stupisce che il tenutario non abbia più niente da proporre agli italiani: questa è la classe istituzionale che lui ha allevato, che ha selezionato. E la considerazione, scontata, per cui “così fan tutti”, non consola, non risolve così come un male comune non fa un mezzo gaudio ma un male diffuso. Il disprezzo che possiamo nutrire verso questo sconcio vivente, dall'aspetto ormai improbabile, esattamente come le sue protette, un satrapo il cui impero oggi pare assottigliarsi, non è dicibile, non ha confini: l'unica differenza, rispetto a certi giornali, è che noi lo abbiamo sempre provato disinteressatamente, non ci ha pagato nessuno, non ne abbiamo mai fatto un mestiere e neppure un pretesto. Tantomeno un alibi. Ma non è minore, anzi, forse è anche più profondo.

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