Hai voglia |
MA ANCHE CON LE BR SI TRATTO'
L'ipocrisia di chi si scandalizza per
le trattative, in un Paese sulla trattativa fondato, è irritante al sommo grado. I movimenti visionari, strampalati, interessati
come quelli delle agende rosse, in tour col Fatto quotidiano, non
ammettono, fingono di non ammettere quello che è nelle cose, il
continuo trattare dello Stato con le sue componenti che lo minano, lo
corrodono da dentro, gli scatenano contro attentati e stragi. Così
da sempre, fin da prima della fondazione dell'Italia unita, Garibaldi
non dovette forse trattare coi camorristi per poter passare, per
risalire il Paese in fieri? Lo Stato, a forza di lasciarsi
infiltrare, si ritrova troppo debole per debellare le sue infezioni:
allora occorre trattare, in attesa di tempi migliori essendo ogni
trattativa anche una recita, una convenzione che tutte le parti
conoscono, mettersi d'accordo fin che conviene, una tregua armata in
attesa di ulteriori conflitti. Trattano tutti, gli Stati, al loro
interno e fra di loro, trattano i loro apparati di sicurezza,
trattano con i mercanti delle armi e della droga con le quali pagano
i loro debiti o assicurano pace armata in regioni difficili. Ma le
agende rosse non ci stanno, si stracciano le vesti perché dietro la
trattativa delle stragi del 1992-93 stava Dell'Utri quale trait
d'union fra il Cavalier Berlusconi e i settori dell'antistato
meridionale, anche se non si può dire “mafia” in quanto, finora, le sentenze lo escludono o almeno non lo confermano. Va bene.
Che ci sia nello sdegno di questi italiani tutti d'un pezzo
dell'ipocrisia insopportabile è palese, basta rivolgersi al
terrorismo. Qui che lo Stato trattasse non solo non fa meraviglia ma
è universalmente accettato, anzi caldeggiato. A venir messi sulla
graticola, in fama di dietrologi, sono quelli che su Moro apertamente
(apertamente) non volevano trattare, quasi nessuno peraltro. Lo Stato
trattò sul nascere delle Brigate Rosse (così come dello stragismo
nero, sul quale tornano tutti gli sdegni virtuosi, i “non si può
andare avanti così” del caso), trattò prima, durante e dopo Moro,
trattò su qualsiasi altro sequestro brigatista, trattò e peggio nel
caso di Ciro Cirillo, i brigatisti salvati, recuperati alla società
lo dicono tranquillamente, spalleggiati dall'informazione democratica
che ne esalta le gesta. Era giusto trattare, si dice, perché quelli
più che terroristi erano compagni, che sbagliavano ma non tanto, e
solo in chiave retrospettiva, cioè è andata male, fosse andata
bene, fosse riuscito il delirante sogno brigatista di un'economia
cambogiana in tempi di robotica emergente, non si parlerebbe più di
errore ma di rivoluzione trionfale. Le trattative dello Stato con
l'antistato terrorista furono, quelle sì, scandalose e in certi casi
invereconde, ma nessuno ne chiede conto; anzi si insiste che su
quegli anni si sa tutto, su Moro si sa tutto, mentre le zone d'ombra,
i misteri dolorosi, le coincidenze che coincidenze non furono,
tuttora offuscano il tanto o poco che si è riusciti a chiarire. Ma
in questo caso nessuna agenda rossa o bianca o verde, nessun giornale
che guida la forca anzi si dice: quel che è stato è stato,
mettiamoci una pietra sopra. Come se i duemila morti di terrorismo
valessero meno dei morti di mafia.
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