"Signore, non qui..." |
LE
CAMPANE
Non è
tornata l'estate, niente affatto. Siamo già al principio
dell'autunno, ma un autunno pieno, mite per ora, lieve e grato. Dalle
finestre spalancate posso vedere i monti Sibillini, ancora nudi di
roccia, niente neve sulle cime, addosso alle pareti. Steso sul divano
ascolto il silenzio della campagna mentre scrivo, è una domenica
mattina, i gatti giocano vivaci, mia moglie dorme ancora e mi arriva
il suono di campane che conosco bene. Sono quelle del Duomo, quelle
che da bambino gettavano in me una disperazione allagata. Tutti i
campanili mi sovrastavano, tutte le campane mi angosciavano un poco e
queste, forse, più di tutte: “Signore, dappertutto ma non qui, non
potrei vivere qui, non è il posto per me”. Vivo qui, e ascolto
quelle campane immortali. Vivo qui, e non posso farci niente. Vivo
qui, e a volte mi piace pure. Vivo qui, e non ho altro posto da
rimpiangere, la città dove crescevo non c'è più, è un grumo che
non conosco più e non riconosco e non sopporto, mi basta sentire una
cadenza milanese per fuggire via innervosito. Vivo qui, e sono quasi
vecchio. Forse non ho mai vissuto e queste campane sono un
incantesimo. Ma lentamente, con dannata pazienza, mi sono costruito
piccole nicchie, contesti che posso sentire come miei, e ne ho un
disperato bisogno. Vivo qui, costretto a volte come una scimmia in
gabbia, una corazzata in uno stagno, ma in altri momenti non mi
dispiace perdermi in questo stordimento. Vivo qui, coi miei capelli
sempre più bianchi, i miei sogni sempre più dissolti, le mie
disillusioni, le mie amarezze. Vivo qui, e non mi pare possibile sia
già scorsa una vita, con le sue poche gioie, con i suoi troppi
drammi, con la fatica per compagna ostinata. Viviamo qui, oggi forse
con la Vespa andremo proprio oltre il balcone, su quei Sibillini e
tutto per poterci affacciare a un altro balcone e dire: la nostra
casa sta là in fondo. Non so cosa sarei diventato, restando. Certo
non avrei scritto tanto e non avrei scritto così. Vivo
qui, con la mia immaturità che offre compagnia, raggiunto da tanti
senza muovermi mai. Vivo qui, nella rassegnazione che di speranza travesto. Vivo qui, inghiottito da spirali di buio di vicoli troppo stretti. Vivo qui, dove
niente accade eppure ho avuto più esperienze di tutti quelli che
conosco, che ricordo. Vivo qui, forse non vivo, ma vivo qui. Le
campane mi chiamano, solenni e beffarde, al Duomo non ci vado ma mi
stanano loro, mi raggiungono, m'invadono. Mi allagano e la
disperazione quieta non mi fa più paura, si è disciolta nel sangue,
è passata nell'anima. Vivo qui, cercando tutto quello che non sono
stato, le crescite che mi sono state impossibili, compensate dalle
scorribande e dai naufragi nei mari di dentro. Vivo qui, preparandomi
a un altro inverno, sperando che altre parole vengano a visitarmi
come quelle campane che scandiscono un tempo che non c'è ma
implacabile scaglia i suoi calendari nel vento.
Commenti
Posta un commento