CL, I MODERNI MERCANTI
NEL TEMPIO
Falcidiati, umiliati
dagli scandali ma i fanatici di Comunione & Liberazione,
tetragoni ad ogni scrupolo, fanno i loro meeting attaccandosi come
parassiti al potere rampante per poi, quando è caduto in disgrazia,
saltare subito sopra il prossimo da Andreotti a Sbardella, da Craxi a
Berlusconi, da quest'ultimo all'emergente Passera che a Rimini ha
tirato un bel siluro al primo ministro Monti, a sua volta venuto a
chiedere legittimazione in questa moderna, lussuosa spelonca di
ladroni. Di sopra gli affari e le vacanze “scandalose” dei capi a
partire dal “Celeste”, ma che modestia questo Formigoni, di sotto
il sudore e il provvidenzialismo imbecille degli adepti che, da
provetti farisei, si stracciano le vesti ma sono costretti a
scomodare “la misericordia divina”. Comunione & Liberazione è
la setta tra le sette, quella che ha seppellito tutte le concorrenti
resistendo a tutto, alle fumisterie del '68 come ai vapori di
plastica degli anni '80, alla globalizzazione finanziaria come alla
smaterializzazione divina di internet, riuscendo a proliferare –
questa sì che è provvidenza miracolosa - in ogni passaggio storico. La più resistente anche
perchè la più ossessiva, refrattaria, incapace di mettersi
minimamente in discussione, le colossali disinvolture degradate a
peccati veniali, ingigantiti dalla malignità dei miscredenti. Mentre
di gigantesco c'era, c'è il volume degli appetiti e dei metodi con
cui soddisfarli. Qualche anno fa uscì, recensito forse dal solo sottoscritto, il libello di un
fuoruscito, uno di quei librettini un po' improbabili fin dal titolo - Comunione e liberazione: assalto al potere
in Lombardia, ma che spesso nascondono verità irriferibili. Uno
di quei samizdat di cui si diffida istintivamente, tirato da un
misconosciuto editore di Lecce, progetto grafico inesistente, titolo
e autore sparati su un improbabile disperato fondo giallo. Ma
l'argomento era intrigante e, col senno del poi, preveggente, anche
se dello strapotere della setta talebana era difficile stupirsi oltre. Ma a volte le verità più scomode sono quelle che si sanno,
a volte bisogna tornare ad urlare che il re è nudo. E Formigoni nudo
lo era davvero mentre zompava dalle barche del suo compare Daccò.
Quel libello l'ha scritto
un erculeo ex manager della sanità meneghina, Enrico De Alessandri,
subito fulminato con la sospensione dal lavoro. Certo come inchiesta
era acerba, il distacco cedeva all'esasperazione, le fonti buttate
dentro alla rinfusa, l'enfasi sul carattere settario di CL ossessiva,
paranoica. Ma dati, fatti, circostanze erano lì, i nomi dei sanitari
che presidiano manu militari la sanità lombarda, pubblica e
privata, venivano citati uno per uno. Oggi, quelle pagine si sono
trasformate nei resoconti giudiziari, contestati, irrisi da
Formigoni, dei quali più o meno tutti hanno contezza almeno per sentito
dire.
Ma CL non si ferma, la
sua missione è macinare soldi e potere, talebana ma blasfema non
riconosce altro dio che se stessa; antimoderna, medievale – ancora
nel presente meeting gli omosessuali sono stati maledetti con
esagerazioni bibliche - ma hegelianamente storica, nel vento della
storia ci galoppa cavalcando la modernità più cinica e
spregiudicata; è antistatalista ma prosciuga le mammelle dello
Stato, occupa i suoi enti periferici, monopolizza le istituzioni;
vuole l'individuo libero ma lo annulla nel labirinto dei suoi rituali
e fanatismi; è sessuofoba e insieme
sessuomane, freudiana, tutti i peccati del mondo confluiscono e
rifluiscono nel buco nero del non detto, del sottaciuto erotico; è inflessibile col resto del mondo ma comprensiva ed
omertosa coi suoi adepti; privilegia la società alla burocrazia ma
si distacca dalla prima e invade la seconda. E il giro dei soldi, di
elargizioni, di clientele del blocco capitanato dal governatore
Formigoni è vorticoso, una trascurabile minoranza è riuscita a monopolizzare una Regione dal
bilancio pari a quello di un piccolo Stato, 20 miliardi di euro:
neppure i movimenti fondamentalisti americani arrivano a tanto.
Profumo di zolfo e d'incenso, i ciellini tra un affare e l'altro
vogliono santo subito il loro fondatore, don Giussani, cui
retoricamente Francesco Merlo su Repubblica chiedeva conto,
dall'aldiquà, “delle lucrose attività della sua Compagnia delle
Opere, di quel gran fumo di clericalismo simoniaco, di presunte
truffe, di denunzie, di scandali e di processi penali che ha
accompagnato il miracolo economico di don Giussani, dalle mense
scolastiche di Roma alla Cascina San Bernardo di Milano, dai
parcheggi ai cibi precotti e avariati, sino all'affaraccio di Oil for
Food e al ruolo di Formigoni, sino alle suggestioni letterarie del
Codice da Vinci... dell'appoggio spirituale che lui, così onesto,
diede alla peggiore Dc, quella romana delle tangenti, e quella della
Sicilia complice della mafia, allo squalo Sbardella e al contiguo
Salvo Lima”.
Chi conosce la setta
ciellina non poteva stupirsi di quanto De Alessandri raccontava nel suo
libro e non può stupirsi oggi che la creazione di “don Gius”
appare più famigerata che mai; ma sa pure che la bulimia di potere di
CL col braccio strategico della CdO, l'articolazione industriale, non
conosce requie né remore, imbarazzi: tutto viene giustificato nel
nome del Signore, di cui non si teme l'ira, e in quello di Gius, che
pare sia scomparso col cuore gonfio di amarezza per la degenerazione
di un Movimento che aveva concepito su tutt'altre coordinate. Ma non
è il destino di tutte le sette quello di secolarizzarsi, di
radicarsi più e meglio di qualsiasi potere “laico” in quel mondo
che erano nate per detestare, rivoluzionare, salvare, e che invece
volevano solo fagocitare?
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