QUEST'ESTATE, INFANTICIDI
Prima la sciagurata che,
a Ozzano Emilia, ha partorito due gemelli più che prematuri e uno
l'ha buttato in un cassonetto chiuso in un sacco, roba che neanche un
gatto, e l'altro l'ha scaricato in ospedale, dove quasi subito ha
raggiunto il fratellino. Un duplice aborto, più che un duplice
parto. Poi l'altro neonato, filippino, egualmente in anticipo, questo
ucciso dai medici dell'ospedale Grassi di Ostia che gli hanno
iniettato in corpo latte anziché soluzione fisiologica. Di solito in
estate, coi furori del caldo, la gente si ammazza a vicenda, per le
ragioni più assurde: quest'anno tocca ai più indifesi, ai nati
troppo presto. Difficile, commentare roba del genere. Viene da odiare
una ventunenne capace di un gesto simile, poi ti accorgi che in un
gesto del genere non c'è umanità e nemmeno disumanità, c'è solo
un gran vuoto, un buco sconfinato, un deserto. Adesso naturalmente la
mancata madre piangerà, si dispererà, ma sarà solo la scena
obbligata di un copione visto già troppe volte. Non viene l'istinto
materno in chi l'ha soppresso con una indifferenza più cieca ancora
della ferocia, non sussiste pentimento, questa è una giovane
affettivamente appassita, che non capirà mai di cosa è stata
capace. La processeranno per omicidio, ma non sconterà niente e del
resto cosa vuoi farle scontare? Non serve la galera per una così,
capace che ci ricasca subito. E non serve neanche il manicomio perché
qui non si tratta di follia, qui c'è una immaturità abissale che
però, piaccia o non piaccia a chi legge, è, può essere la stessa
di migliaia e migliaia di coetanei di quella ragazzotta.
Io li osservo, li
incontro, li osservo comportarsi i ventenni. Come quelli che sabato,
in treno, hanno sfasciato tutto tormentando viaggiatori già
esasperati da un vagone crematorio, senz'aria condizionata, stipato
del doppio dei passeggeri consentiti, alla faccia delle prenotazioni
obbligatorie. Quella ragazzaglia di Firenze era per se stessa e
basta, non esisteva nessun altro, il disagio e in qualche caso la
sofferenza altrui neppure li vedevano. Anzi, li vedevano ma
infierivano. A un certo punto, fuori di me, ho ringhiato che ne avrei
uccisi un paio a caso, era facile, il collo cede subito. Debbo essere
stato particolarmente convincente perché per un attimo è sceso il
gelo, tutti e otto o dieci si sono paralizzati. Ma ormai stavano
preparandosi a scendere, anzi a rotolare giù per la fermata di
Riccione, e ho ringraziato il cielo d'essermi trattenuto fino a quel
momento perché davvero ero ad un passo dal prendere il più
antipatico e mettergli la testa fuori dal finestrino finché non
passava un altro treno.
Questi giovani non
pensano. Non programmano. Non valutano alcuna conseguenza. Non hanno
parole per esprimere pensieri che del resto non hanno. Sono prede
delle pulsioni più immediate, e non in grado di arginarle, neppure
una. È come se la loro corteccia cerebrale fosse atrofizzata.
Considerano un diritto supremo la loro età. L'unica cosa che
capiscono, è che nessuno chiederà loro conto di niente. Poi si può
discutere su cause e concause, ma la realtà è questa. Non per tutti
i giovani, si capisce: ma per un numero tragicamente alto, sì.
Demenza sociale diffusa, condivisa, un virus che minaccia
l'estinzione della specie. Non ci arriveremo, non domani almeno,
perché di sfigsti con la testa sulle spalle ne resteranno sempre,
costretti a rimediare alle impunità delle pecore matte. Ma gli
uomini di buona volontà vivranno in un mondo sempre più invivibile,
ingrato, immedicabile. E, alla fine, il regno dei cieli non sarà per
loro.
Discorso diverso (ma in
fondo non tanto), per la dozzina di sanitari finiti sotto inchiesta
ad Ostia. In questi casi l'apertura del fascicolo è obbligata, ma
l'epilogo è scontato: nessuno pagherà, la logica mafiosa di casta
riuscirà a far passare un omicidio per un incidente, forse daranno
la colpa al piccolo, responsabile d'aver voluto nascere. Del resto,
la madre neppure aveva sporto denuncia o, per essere più precisi e
più chiari, era stata indotta a non sporgerla, era stata tacitata. È
una filippina, una extracomunitaria, una sommersa, una senza diritti,
probabilmente non è servito neppure comprarla, sarà bastato
terrorizzarla. Anche questo succede nella sanità italiana. Una
settimana fa, all'ospedale di Boscotrecase, in provincia di Napoli,
ne hanno uccisa un'altra. Un'altra neonata. “Quella puttana non si
è voluta riprendere e ce lo siamo preso in culo” dicevano al
telefono il primario e gli altri medici coinvolti, intercettati
mentre falsificavano le cartelle. Sicuramente quei
medici, anziché radiati e magari torturati, verrano premiati con
avanzamenti di carriera, spalleggiati dai sindacati, da tutti, al
delirante, inverecondo grido “quel che è stato è stato, vogliono
smantellare lo stato sociale”. Perché siamo in Italia, mai
dimenticarlo, dove tutto è possibile. E, dopo il tutto, anche
l'impossibile diventa possibile. Liberissimi di non accettarlo, ma ci
sono casi in cui la giustizia o si fa subito, e nella forma più
spiccia, più brutale, oppure non arriva più e non ha senso
aspettarsela. La misura dell'attesa scava l'impunità.
Già..un tempo quando nel mio locale capitavano personaggi etilici in cerca di grane gli intimavo che avrei dovuto chiamare i carabinieri se non se ne fossero andati subito.E la cosa non finiva più.Ora gli dico guarda che non chiamo i carabinieri se vuoi parlare con me andiamo subito di là.Di solito funziona.Se ne vanno immediatamente.Ma bisogna esser cattivi.
RispondiEliminaCiao Massimo,sei un grande.
Roberto