SUSSIDIARIO D'ESTATE
2012
16 giugno, sabato
UN ANNO DOPO
La sensazione che un anno
è passato ce l'ho il giorno del primo bagno in mare: ricordo
inesorabilmente quello dell'anno prima. Stavolta comunque non va
malaccio, mi sento meglio dell'ultima volta, il che, considerato il
lungo inverno infame appena trascorso, ha del surreale. C'è un'acqua
clamorosa, mai vista così neanche da bambino, la luce del sole gli
rimbalza addosso e lo accende d'infinite scaglie, penetra sotto la
superficie e disvela la piccola, ostinata vita che anima il fondale.
Non sono mai stato in un'isola caraibica ma il mare non dev'essere
tanto diverso da questo, ancora intonso a metà giugno: pochi
bagnanti, correnti lievi, è come se il mare si stesse appena
risvegliando. Eccola l'estate, finalmente tersa, senza compromessi,
senza scuse. Ecco l'aria illuminata da Helios che fa il suo dovere.
Ecco la vita che torna, e lo so che è la frase di un depresso, ma
non sarei qui a scriverla. Per assorbire un refolo di felicità,
quanto bisogna aver sofferto prima. Per questo non mi decido ad
immergermi, vorrei che questa privatissima vigilia durasse in eterno.
Cincischio ancora un po' ma poi – l'estate dura un miraggio - mi
butto. Senza neppure capirlo sto nuotando e quando sono immerso nel
mio elemento naturale respiro, gioisco, “io sono vivo”, come
canterebbero i Pooh. Passa una tardona con le labbra stile Lilli
Gruber, all'inizio la scambio per un trans poi mi accorgo che è
femmina e vogliosa di farsi notare; a fianco ha un vecchio, pelato,
peloso, una specie di grosso granchio. Esco. Per oggi può bastare,
non ho neanche avuto la sensazione dell'infarto e voglio preservare
l'illusione d'esser ringiovanito. Mi asciugo camminando sul
bagnasciuga, nelle orecchie ho un vecchio disco di Renato Zero, Come
sono cambiato e tu, non sembri tu, che ne è di noi?... Tu lo sai,
come mai ho tradito il mio coraggio, come mai mi rassegno così...
Intorno a me alcune ragazze giocano leggere con la palla sulla
riva. Mi sento un corpo estraneo, il miraggio è svanito ma mica
posso prendermela col povero Renato Zero e neanche con le fanciulle
lievi come farfalle. Torno un po' deluso all'ombrellone. Mi accorgo
che la gente quest'anno non parla più di magnà ma solo,
ossessivamente, di Imu, il che, essendo tutti già in mutande,
sortisce un effetto inquietante. Passa una brass band di zingari,
magliette rosse su pance ben farcite e braghettini scozzesi sulle
gambette. Tre ottoni, un tamburello e una fisarmonica, suonano
Dixieland e non lo fanno neanche male, certo meglio della solita
trombetta balcanica che mette voglia di suicidarsi. Arriva il
capobanda col bicchierino di carta. La mia mater terribilis lo
fulmina: “Puoi suonare anche la marcia funebre tanto non ti do
niente”.
Dio,tua madre è adorabile,sembra uscita da un libro di Mordecai Richler.
RispondiEliminaCiao
M.