QUEGLI OCCHI
L'estate è percepita
come la stagione più gradita, la più disimpegnata, quella in cui
finalmente si tira il fiato. A torto. Le peggiori nefandezze delle
società dissociate rifulgono proprio nel periodo caldo. Tutti gli
psicologi e i criminologi sanno che è questa la fase dell'anno di
allerta per i fatti violenti, pochi, invece, sospettano che guerre e
invasioni sembrano in qualche modo più figlie della luce e del
calore che della strategia, come confermato dai ritmi stagionali
scoperti da Schreiber nel suo studio su 2131 battaglie negli ultimi
3500 anni. La decisione di avviare una guerra nell'emisfero
settentrionale viene presa da secoli soprattutto in estate, in quello
meridionale durante il nostro inverno e all'equatore
indifferentemente rispetto alle stagioni. Poi c'è il fenomeno, che
ormai non è nemmeno più tale ma una consuetudine, della
deresponsabilizzazione di massa, sulle spiagge, nelle città, nei
luoghi balneari e soprattutto lungo le strade. Qui l'uomo da il
peggio di sé, verso i suoi simili e ancor più verso gli animali,
compagni di cui decide la sorte buttandoli fuori dall'auto diretta
verso le vacanze, lasciandoli a vagare per un'autostrada o un bosco,
o ad aspettare il nulla, speranzosi e disperati, davanti a un'area di
sosta.
Gli ultimi dati su questa
ordinaria barbarie sono di poche ore fa, perché è stata presentata
la campagna ministeriale contro l'abbandono dei cani e il randagismo
per l'estate 2012. Un esercito di circa 700mila homeless a 4 zampe,
sessantaseimila dei quali nella sola Campania, che è la maglia nera
per numero di cani abbandonati. Ma il fenomeno, tenuto conto anche
che non tutte le regioni hanno inviato le rispettive stime al
ministero della Salute, resta diffuso dalle Alpi a Capo Passero (in
Sicilia gli episodi più recenti di branchi di cani inselvatichiti
che hanno aggredito umani, a volte con esiti tragici). Manco a dirlo,
“si riducono i fondi destinati alle Regioni per far fronte al
problema: il sottosegretario alla Salute Adelio Elfio Cardinale,
presentando la campagna rivela dati deprimenti: se per l'anno 2010
la disponibilita' per il fondo anti-randagismo era pari a 3,3 mln di
euro, per il 2011 il fondo e' stato pari a poco meno di 250mila euro.
Come dire niente, seppure, anche qui manco a dirlo, “l'obiettivo è
di ripristinare il fondo appena possibile”. Certo, come no: campa
cavallo e muori cane.
A squallore si aggiunge
squallore: i dati, a detta dello stesso ministero, sono lacunosi,
incompleti, manca un monitoraggio costante. A che sono servite,
allora, le innumerevoli pubblicità progresso per sensibilizzare
contro questa vigliaccata di condannare a morte chi ci ha amato senza
condizioni fino a un istante prima? A niente, zero via zero,
pubblicità regresso, se questi sono i risultati. Resta da dire che
l'abbandono è un reato, ma un reato che, come spesso accade in
Italia, non dissuade nessuno perché non spaventa nessuno: alzi la
mano chi conosce anche solo un pessimo soggetto che abbia passato
guai per avere abbandonato un cane al suo destino. E non ci sono solo
i cani. I mici allo sbando sono 2,5 milioni. Salvarli tutti non si
può, ma è forse ancor più su questi felini in miniature che si
sfoga la crudeltà degli uomini bestioni: in rete si trovano,
purtroppo documentate, storie al di là di qualsiasi incubo (alcune,
commoventi, le trovate alla pagina facebook Fairyrain Darcy). Gira
perfino l'identikit fotografico di una Crudelia de Mon che riesce
spesso a farsi consegnare gattini randagi con la promessa di
accudirli, mentre poi infierisce con pratiche sadiche e orribili
insieme al fidanzato. E questa volta non pare una leggenda
internautica. Gatti vivisezionati senza neppure l'alibi di una
parvenza di ricerca. Lentamente torturati fino a che non cedono, e
negli occhi hanno l'incredulità.
“E' un problema
culturale”, recita la formula consueta in casi del genere, quando
non si vuole ammettere che le bestie più feroci sono i bipedi. Ma
una sensibilità culturale non si costruisce dall'oggi al domani e
non può nascere se manca umanità. Se a vedere due occhi abbandonati
si prova solo un sadico piacere e poi si dorme tranquilli, gustandosi
una estate senza rimorsi di coscienza, ma soprattutto senza
coscienza.
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