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MORIRE DI PUREZZA


Tutto è mafia e allora via tutti, ci salva Beppe, purissimo, altissimo, grillissimo

MORIRE DI PUREZZA
È difficile dire se dal cupio dissolvi delle intercettazioni che arrivano fino al Quirinale traspaia una qualche logica, per quanto perversa. Probabilmente Travaglio e i suoi ometti hanno dietro qualcosa di grosso, non certo Ingroia che di per sé è uno strumento, per quanto inquietante nella sua ottusa ostinazione. Ma se le manovre possono essere grandi, questo non esclude che i fini possano essere meschini. Volevano svelare la responsabilità mafiosa di Berlusconi, son venute fuori ombre di sinistra: ma questo a chi soffia sul fuoco fa gioco lo stesso, l'importante è il cupio dissolvi, basta concludere che sono tutti uguali, vermi intrecciati nella criminalità stragista e l'unico che può salvarci è Grillo, fondatore di una scientology balorda il cui adepto in fascia tricolore a Parma si esprime coi video (vi ricorda nessuno?) e aveva nominato assessore ai Lavori pubblici un fallito nell'edilizia. Chissà chi sogna Travaglio al posto del vecchio Napolitano. Magari lo stesso Grillo oppure Santoro, Toni Negri, la Guzzanti o proprio Ingroia, questo presuntuoso dalla competenza inversamente proporzionale al narcisismo. Ma ne vale la pena? Non ha tutti i torti il presidente piangente nell'invocare un freno alla deriva spionistica, perché qui si rischia che il vaso di Pandora nessuno riesca più a chiuderlo, un po' come con la mafia nei primi anni Novanta.
I casi sono due. O dalle spiate selvagge si conclude che l'Italia era (e resta) tutta e solo mafia, con il che tutto diventa inutile. Oppure si contestualizzano e si sdrammatizzano telefonate che di per sé possono dire tutto e niente. Spieghiamoci. Se, in un momento in cui lo Stato è soccombente contro l'antistato (per varie ragioni: perché è corroso, zavorrato da se stesso, colluso), alcuni suoi alti funzionari nelle forze dell'ordine, nelle istituzioni, nella politica, si spingono a trattare con la mafia perché non metta le bombe ai supermercati, per prendere tempo, per consentire allo Stato di riorganizzarsi, e in questa trattativa certe figure sono costrette a promettere qualcosa, questo è davvero un crimine? O è un modo di sporcarsi le mani per evitare ulteriori bagni di sangue al Paese? È tramare col nemico o necessaria e sperimentata realpolitik? Io, per me, fossi stato nell'urgenza di farlo, avrei trattato. Salvo reagire, con spietatezza estrema, una volta raccolte le forze. Ma divertirsi al tiro al vecchietto, o dire che “Nessuno è al di sopra della legge”, come fa Di Pietro, non è neanche demagogia. È pura cialtronaggine, specie da uno che nelle altre vite faceva lo sbirro, il magistrato, e sa benissimo come vanno le cose. Abbiamo naturalmente bisogno di verità, di trasparenza, ma gli stati sono entità colossali che non possono venire illuminati in ogni angolo. Nessuno stato se lo può permettere. Queste sono favole per adepti. La realtà invece è che anche di acqua o di aria purissima si può morire, se ne ingurgiti troppa tutta insieme. Sicuri, per dire, che per esempio al Fatto o altrove sia tutto ma proprio tutto trasparente? E ci piacerebbe davvero lo spettacolo di questo o quel santone sotto la campana di vetro mentre defecano?

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